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I RAVER NON SOGNANO PIÚ

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Author: bananatek

L’intervento del progetto Neutravel al rave di Stupinigi

Posted on 2022/11/21 - 2022/11/22 by bananatek

Non sono stato a Tavolaia, al Bordel 23 e non ho partecipato allo Space Travel, il teknival a Viterbo. Dopo quello che è successo al Reborn Tribe ad Altopascio ero rimasto così deluso dalla scena che ho voluto per un lungo periodo non prendere parte a nessuna festa in Italia. Per i quindici anni dei Revolt 99 ho deciso di accantonare questa decisione.

Fine ottobre, nord Italia,Con SPU, Tourista, Pandemia, Cronik, Trackerz, No System. Support KK

Avrei tanto da raccontare, a partire dal momento in cui mi è arrivato il messaggio, il viaggio in treno e il meeting point a Montpellier, fino al momento in cui ho salutato la festa, dopo i tre giorni e dopo l’identificazione da parte delle forze dell’ordine.
Non racconterò però nulla di tutto ciò perché voglio mettere in luce il lavoro dei collettivi italiani di riduzione del danno (RdD). Segue un’intervista ad A., un operatore della riduzione del danno, volontario per il Progetto Neutravel.

Quest’intervista si è svolta nell’arco di un paio d’ore durante la festa per i 15 anni dei Revolt 99, tenutasi a Stupinigi il 31 Ottobre 2021.

Ciao A.! Puoi descriverci brevemente qual’è l’obiettivo di un collettivo di riduzione del danno?

Ciao! L’idea di fondo di un collettivo di RdD si basa sulla teoria del outreach : raggiungere il pubblico target nel suo “ambiente naturale”, dove i comportamenti pericolosi vengono messi in atto, per ridurre i danni e limitare i rischi nei contesti del divertimento notturno quali rave party, goa party, grandi eventi di musica elettronica e club. Siamo un’unità mobile che lavora in contesti di consumo e spaccio e nei luoghi del divertimento giovanile. Questa sera in particolare siamo più di trenta persone provenienti da Toscana, Emilia, Umbria, Campania, Veneto e naturalmente Piemonte.

Che formazione hanno gli operatori?

Il team di Neutravel è formato da assistenti sociali, psicologi, educatori, e chimici. I volontari, proveniente da svariati contesti giovanili in tutta Italia, seguono un percorso di formazione erogato dalla nostra equipe precedentemente agli interventi.

Quale è stata la prima cosa che avete fatto a questa festa?

Le prime persone con cui abbiamo interagito sono stati poliziotti e carabinieri, che hanno bloccato tutti e tre gli ingressi al capannone dove si svolge l’evento. Dato il numero ingente di forze dell’ordine e i tafferugli con alcuni dei partecipanti abbiamo atteso cinque ore prima di poter entrare con i nostri mezzi negli spazi della festa. Questo è anche dovuto allo scarso riconoscimento mediatico che ci viene riservato, e che rende difficile il dialogo con le autorità in servizio alle feste.

Una volta parcheggiati due dei nostri mezzi, un camper e un furgone, ci siamo divisi in due squadre. La prima squadra si è occupata di passare in ricognizione gli ambienti più affollati della festa alla ricerca di pericoli strutturali, in un capannone abbandonato da più di vent’anni è infatti facile trovare vetri pericolanti, cavi esposti e buche. La seconda squadra invece si è occupata di trovare lo spazio più adatto per il tendone della chillout e del drug checking, per poi montarli.

Chillout, drug checking, di cosa vi state occupando a questa festa?

Chillout e drug checking sono forse le due attività più visibili fra le varie cose che facciamo. La tenda della chillout è lo spazio più sicuro della festa. Qui molti dei partecipanti vengono per riposare, trovare uno spazio dove scaldarsi, bere e mangiare succhi di frutta e snack vari che distribuiamo. Ci sono anche delle barelle dove gli operatori sistemano alcune delle persone che si sono sentite male, ma non necessitano di ospedalizzazione.

Opposta alla tenda della chillout c’è la tenda del drug checking dove, in totale anonimato, molti ragazzi testano le sostanze che si sono portati o che hanno comprato in festa. I nostri operatori utilizzano alcuni strumenti come la spettroscopia Raman, o i reagenti di Ehrlich, Froehde, Marquis, Mandelin e Liebermann, e le loro conoscenze specifiche per controllare che la sostanza che si vuole assumere sia effettivamente quella desiderata e che non contenga impurità o tagli, ovvero che non sia qualcosa che la persona non si aspetta, come ad esempio le designer drugs.

In entrambi gli spazi sono presenti continuamente alcuni dei nostri operatori che si occupano di fornire depliant informativi e nozioni sulla pericolosità delle sostanze, ma anche tutto il materiale necessario per il loro corretto utilizzo. Utilizzo che noi non incentiviamo in nessun caso, ma dato che il consumo spesso è inevitabile, facciamo il possibile affinché questo avvenga in sicurezza. Fra le varie cose distribuiamo:

  • chewing gum, per ridurre la tensione mandibolare tipica delle sostanze anfetaminiche
  • pippotti monouso, per evitare che gli oggetti usati per sniffare vengano riutilizzati e siano vettore di malattie infettive
  • soluzioni saline, per la pulizia delle narici
  • carta stagnola, usata per bruciare alcune sostanze in modo che non vengano utilizzati materiali di recupero pericolosi da maneggiare

Non tutto il materiale distribuito riguarda le sostanze illegali: ci sono anche preservativi e depliant informativi sulla dipendenza da nicotina, il fenomeno delle smart drugs e le malattie sessualmente trasmissibili.

Alcuni degli operatori tengono sotto osservazione le zone più frequentate assicurandosi che nessuno dei veicoli blocchi la strada per l’ambulanza e che non ci siano pericoli strutturali come quelli elencati prima. Dato che in Piemonte c’è un protocollo regionale atto a garantire il supporto sanitario di base in contesti a rischio come questi ci stiamo occupando di coordinare l’intervento dell’unità mobile di primo soccorso e di ridurre il numero di chiamate improprie al 112.

Oltre a questo alcuni dei nostri operatori si occupano di “counseling”, ovvero offrire supporto tramite una consulenza psicologica legato all’utilizzo di sostanze, dipendenze e stati alterati di coscienza, in uno spazio sicuro e non giudicante. Per chi usufruisce di questo servizio esiste anche la possibilità di continuare il percorso presso le sedi dei collettivi di RdD, negli spazi che noi chiamiamo “Intermedium”, ovvero dove si fa vero e proprio supporto psicologico.

Hai parlato di pubblico “target”. A questo rave, chi è il vostro pubblico target?

Negli anni 2000 Xsephone scriveva:

Difficile definire un modello, un campione del raver. Chi partecipa assiduamente a questi eventi ha un’età imprecisata, tra i 15 e i 50 anni. È il figlio occhialuto dei vicini di casa dall’aspetto pulito e la mania del computer. È la ragazza della porta accanto con i dreadlocks e la passione per la techno, e che, nel tempo libero, si esercita per diventare una DJ. È il ricercatore universitario impegnato attivamente nei centri sociali. È l’apprendista elettrauto tatuato e pieno di piercing che lavora dal meccanico in fondo alla strada, è il web designer della casa di fronte, è il traveller in continuo movimento per il mondo, ma soprattutto è colui che non si definisce tale.

Molly Macindoe, fotografa inglese, mostra una scena composta da un pubblico molto eterogeneo nel suo libro Out of Order. In questa raccolta compaiono dieci anni di fotografie scattate ai free party e si possono vedere adulti di ogni età, adolescenti e anziani traveller. I media tendono però a deumanizzare queste persone, riducendole a zombie che escono dalle tombe solo nel weekend.

Interessante! Ma non hai davvero risposto alla mia domanda. Puoi mostrarci almeno il volto di uno dei partecipanti di questa festa prendendo come spunto uno degli interventi?

Fino ad’ora l’intervento che più mi ha colpito è stato quello di questa mattina con un ragazzo di nome A.. A. si era presentato la prima sera all’infopoint chiedendo se fosse possibile utilizzare la ketamina liquida senza iniettarla. Dall’aspetto e dall’incertezza con la quale si è rivolto a noi ho capito subito che si trattava di un ragazzo molto giovane, probabilmente ad una delle sue prime feste.

Avvicinandomi ad A. per offrire le mie prime risposte gli ho dapprima chiesto se avesse già fatto uso di sostanze e se ne fosse sotto l’effetto in quel momento. Le grandi pupille e la temperatura del polso più alta della media hanno confermato le sue parole: MDMA.

L’MDMA è una sostanza dagli effetti irrefrenabili, che assopisce qualsiasi altro desiderio fisico di “sballo” ulteriore. Quando invece il soggetto abusa della sostanza e sviluppa una forte tolleranza, queste sensazioni travolgenti vengono meno ed è più comune cercare di potenziare l’esperienza tramite l’assunzione di ulteriori droghe, che ne possono incrementare l’effetto così come anche la tossicità. Da una persona giovane come A. non ci si aspetta una potente assuefazione alla MDMA, eppure la sua irrequietezza e le insistenti domande sulle altre sostanze hanno fatto scattare un campanello d’ allarme. Una risposta dopo l’altra e l’ho convinto a tornare da noi la mattinata successiva.

Il giorno successivo A. ha mantenuto la promessa e mi ha raggiunto al banchetto della riduzione del danno quasi al termine del mio secondo turno di otto ore. Ho chiesto un permesso e con A. ci siamo allontanati verso la tenda della chillout. Io già al secondo caffè, per A. una sigaretta e tanta acqua. La dose che mi racconta di aver assunto riscontra da parte del suo corpo una fortissima tolleranza; A. stesso ne avverte i sintomi: palpitazioni, mascella bloccata o denti che digrignano e, soprattutto, il forte bisogno di assumere un’ulteriore “pasta” dopo neanche un paio d’ore dalla prima. Le “paste” mi spiega, sono l’unica droga che ha provato oltre alla marijuana. Da quella prima volta, solamente sei mesi fa, l’MDMA ha accompagnato ogni sabato passato a ballare in uno dei tanti locali di Torino che nonostante le restrizioni per il covid riescono a mascherare la musica alta.

A. mi ha spiegato che sono il primo con cui parla del suo rapporto con l’MDMA. Con i suoi amici non riesce ad aprirsi sull’argomento, anzi spesso avverte solo pressione da parte loro. Passiamo una buona mezz’ora a parlare di quale sia un dosaggio “sano”, di metodi di assunzione con minor rischio e soprattutto del tempo che il nostro corpo ha bisogno per recuperare dopo un’esperienza così pesante. Sembra controintuitivo, eppure la responsabilizzazione e la salute sono una diretta conseguenza dell’informazione, non della punizione.

Ho salutato A. dopo avergli spiegato come funziona il counseling psicologico e penso di averlo convinto a continuare la conversazione che abbiamo avuto con il personale specializzato di Neutravel a Monkey Island, dove ogni venerdì offriamo supporto su queste tematiche.

Wow, immagino che la vostra presenza all’interno del rave sia rassicurante per molti

Non solo, ma anche al di fuori del rave! Uno dei miei colleghi qualche ora fa ha soccorso una ragazza che si è rotta una gamba per colpa di una buca. Mentre la tranquillizzava ha chiamato l’ambulanza, con la quale noi operatori di Neutravel abbiamo un contatto diretto durante questi eventi. Uno dei motivi di agitazione della ragazza era la bugia raccontata ai genitori, che credevano che si trovasse ancora in città con gli amici. Il mio collega l’ha convinta a telefonare al padre e alla madre e ha mediato fra i tre una volta che questi hanno raggiunto l’ambulanza.

Anche quest’anno l’equipe di Neutravel sarà presente alla rave della notte delle streghe. Al di fuori della logica del noi contro loro
tipica dei media mainstream, ancora una volta Neutravel garantirà l’importantissimo diritto alla salute alle migliaia di ragazze e ragazzi provenienti da tutta Italia.

Posted in General

15 Anni MKN – Modal Nodes, Circus Bandits, Ganjikacid, Sound One, ANTI B.D.H., Malafemme

Posted on 2022/11/21 - 2022/11/22 by bananatek

Prologo

Volontario per Neutravel al Kappa Future Festival ho finalmente conosciuto Selene, la più giovane tirocinante di Neutravel. Nelle pause fra un turno e l’altro Selene ha esaurito tutte le mie domande sul ruolo dell’assistente sociale, figura professionale oggetto del suo corso di studi. Selene è all’ultimo anno e la sua passione per il suo futuro lavoro è dimostrato dall’audacia ad aver scelto di compiere nel percorso di tirocinio in una delle poche associazioni che si occupa di Riduzione del Danno. Sono passati sei anni da quando la riduzione del danno è stata inserita tra le prestazioni che devono essere garantite dal Servizio Sanitario Nazionale ma ancora non si hanno indicazioni precise rispetto alle attività, ai servizi ed alle prestazioni specifiche di questo servizio. Non mi stupisce, la questione sanitaria del consumo di stupefacenti, sia in contesti ricreativi che in situazioni di dipendenza, è ancora ignorata dallo Stato. D’altronde questi temi sono nascosti all’attenzione pubblica dai media che quando si interessano di questi temi è spesso con l’intenzione di creare un mostro sul quale si può vincere solo fuggendo o punendo.

La Francia ha preceduto l’Italia legittimando fin dal 2004 l’intervento delle associazioni di riduzione del danno come Neutravel. C’è un supporto molto forte da parte delle istituzioni francese, che riconoscono nel dettaglio le pratiche di riduzione del danno nei contesti a rischio e protegge con l’impunità penale l’intervento di queste associazioni anche in contesti di illegalità come i free party. In ultimo il comune di Parigi da sostegno economico alla associazione di riduzione del danno più grande, Techno+.
È proprio nell’area chillout di Techno+ ad una delle recenti feste in Bretagna che ho conosciuto Doma. Doma è più giovane di me ma ho riconosciuto subito in lui lo spirito di avventura che lo ha spinto a raggiungere il nord della Francia partendo dal sud Italia. All’ombra della tenda della chillout ci siamo riparati dall’aggressivo sole estivo e per più di un’ora Doma mi ha permesso di registrare le sue parole veloci ed intense. Da quella registrazione ho voluto comporre una cornice alla intervista a cui ho sottoposto Selene, spremendola in ogni dettaglio sulla sua esperienza come operatrice di riduzione del danno al free party di Pasqua che si è tenuto quest’anno nel comune di Murlo. Il rave, in occasione dell’anniversario dei quindici anni dei Circus Bandits ha visto la partecipazione di circa quattromila persone. Nel flyer compaiono nomi storici della scena underground italiana e nomi più nuovi. È stata la seconda volta che collettivo di Gangik Acid ha compiuto un lungo viaggio dalla Spagna all’Italia. Prima di allora il loro inconfodibile sound system verde aveva riempito di musica le campagne italiane in occasione del tanto controverso rave party di Ferragosto a Viterbo, al quale anche Neutravel aveva partecipato.

In questo blog posso permettermi di raccontare l’esperienza di questi due ragazzi senza rispondere a nessuna autorità. Per questo ho lasciato che fosse proprio il racconto sincero ma anche crudo di Doma ad accompagnare la ricca e complessa esperienza di Selene.

Doma

Due e venti di notte, ultima strofa di Fabri Fibra in “Fuori Norma”, coincidenza perfetta. Pensavamo di essere quelli che avevano fatto fin troppa strada, partiti dalla bassa Campania di primo pomeriggio, ma quando abbiamo parcheggiato accanto a tre auto targate Francia ci siamo ricreduti immediatamente. Quattro chilometri dal sound system, ci incamminiamo.

Avremmo preferito parcheggiare il più possibile vicino all’area della festa ma c’erano fin troppe pattuglie in giro. È prassi, a piedi non si viene fermati ma tocca mollare molta della roba in auto. Nei prossimi giorni il cibo, l’acqua e per i meno organizzati anche i sacchi a pelo e le tende ci mancheranno; per ora, mentre facciamo i primi passi nella festa, è solo un pensiero lontano.

Una ragazza toscana ci guarda quasi sghiggnazzante e ci sfotticchia per gli zaini arrabbati che io e il mio amico Vincenzo ci portiamo dietro. “Da dove venite?”, ci chiede; mi sfugge una risposta mentre mi accorgo del suo viso gioioso, interrotto solo da un piercing ad “U” rovesciata sul naso, di forma opposta rispetto al sorriso calmo ed enorme.

Non è passata neanche un’ora e già ci ritroviamo in quattro: si sono aggiunte Teresa e Giuditta, le nostre due nuove compagne. So già che lunedì i giornali parleranno degli zombie, dei tossici, delle sporche e dei violenti che hanno occupato un terreno per mascherare la ricerca dell’ennesima busta. Un mondo parallelo, una storia che questa sera non mi tocca perchè ovunque mi giri all’interno della festa sono circondato da persone che mi accolgono con i loro racconti, la loro multiculturalità e mi affascinano con la loro sessualità che non si nasconde da nulla se non dalle norme.

Non è la mia prima festa e non voglio certo mentirmi, alcuni degli individui catturano in pieno la descrizione dei giornali, cercano l’euforia di una nuova linea. Ma non sono io, non siamo noi, piccola comunità itinerante che celebra la propria unicità danzando intere notti su terreni in disuso o all’interno di capannoni abbandonati. Costruiamo palchi e improvvisiamo arte e musica in luoghi ancora ignorati dalla gentrificazione, restituendo temporaneamente vita a questi posti altrimenti sempre grigi.

Selene

Il poliziotto alza la visiera del caschetto e percepisce un clima diverso da quello che il manganello voleva. Qualche poliziotto alza la visiera e nei volti dei partecipanti alla festa capisce che quello a cui sta assistendo non è un momento di abbandono rispetto alla società, un momento di violenza nei confronti delle istituzioni. Nei volti di molti partecipanti si legge la volontà positiva di trovare un’alternativa all’ennesimo aperitivo nei bar e a tutte le mani morte che turbano la danza nelle discoteche. Sono molte le persone che si fanno strada fra i poliziotti, quasi una gara di slalom. Questi sono i giovani che sperimentano delle forme nuove di socialità, non mediate dalla logica del profitto. Non si venera nessuna celebrità, nessun divo che dalla cima di un palco ci dice che drink bere e che tag usare sui social.

Non stupisce allora che molti dei poliziotti quella sera abbiano capito che noi operatori della riduzione del danno rappresentiamo lo Stato meglio di quanto la divisa possa fare nel contesto di un free party.
I nostri volantini pieni di spiegoni informano meglio di qualunque manganello sulla pericolosità, spesso fatale, di mischiare ketamina ed alcool. I nostri servizi di supporto psicologico, considerato uno dei quattro pilastri fondamentali dalla politica europea relativa al consumo di stupefacenti, non discriminano quanto i verbali consegnati a molti partecipanti alla fine della festa.
C’è stata consapevolezza da parte delle forze dell’ordine sul fatto che Neutravel rappresenti un altro punto di vista delle istituzioni, quello volto alla consapevolezza dei comportamenti a rischio, alla prevenzione delle dipendenze e all’informazione sull’uso degli stupefacenti.

Per questo motivo c’è stata mediazione e collaborazione con gli agenti di polizia che ci hanno permesso di entrare nell’area adibita alla festa in cui ci siamo presi uno spazio da dedicare ai nostri servizi: l’area chillout, il banchetto informativo e di prevenzione sugli stupefacenti e su tutto lo spettro dei comportamenti a rischio legati ai luoghi del divertimnto. Pezzo finale, la tenda del drug checking.
L’area chillout è la zona di tranquillità che accoglie chiunque voglia allontanarsi dalla frenesia del muro di casse, dalla pesantezza del volume alto. È il posto dove non si possono usare sostanze, fumare o bere. Per tutta la notte nell’area chillout abbiamo accolto molti giovani che sono arrivati impreparati ai tre giorni di festa. Diamo le coperte termiche, il cibo e soprattutto l’acqua. Disinfettiamo le ferite e, in una zona più appartata della chillout, teniamo sotto controllo le persone che hanno fatto un uso pesante di droghe e sono a riposare sulle nostre barelle. Da questa descrizione, se si da retta ai giornali, l’area chillout sembrerebbe una sorta di “antifesta” ma non lo è affatto: è qui che molti si mettono alla prova con la socialità della festa. Mille lingue, nuovi incontri, la musica diventa un sottofondo rispetto alla necessità primaria dell’uomo.

Un po’ lontana dall’area chillout c’è il tendone adibito al drug checking. Alla fine dei tre giorni segneremo che 78 persone avranno testato le loro sostanze e fatto uso del counseling che segue ogni test. Per ognuna delle persone che dentro quella tenda hanno compilato il questionario fornito dai volontari di Neutravel potevo contare sempre altre 4 o 5 persone a far gruppo al di fuori della tenda, aspettando incuriositi il risultato del test. Per i più interessati c’è la spiegazione scientifica: la “busta” viene sottoposta ad un’analisi spettrometrica tramite un piccolo ma costoso apparecchio chiamato “Raman“. L’entità dell’assorbimento della radiazione luminosa da parte del campione sottoposto viene confrontato con un database contenente la “traccia” spettrometrica di centinaia di sostanze. Il Raman permette di capire quali sono le sostanze contenute in una busta, droghe e tagli: un’analisi, detta qualitativa, che permette di capire di cosa si sta facendo uso, ma non in che quantità.

La parte fondamentale del drug checking avviene dopo che una sostanza viene analizzata. Senza sollecitare l’uso della sostanza i volontari di Neutravel chiedono in che modo è avvenuto l’acquisto, quale sia l’esperienza che si cerca nella sostanza e quale sia il livello di consapevolezza dell’utente una volta che è più chiaro che sostanza ha acquistato. Il volontario innanzitutto informa sui comportamenti a rischio relativi agli effetti della sostanza, quali siano le interazioni pericolose e fatali, i primi sintomi che avvisano di un possibile abuso. Oltre a questo il volontario di Neutravel si accerta che in ogni busta non siano presenti sostanze di taglio pericolose, come il NBOME, il mefedrone o i cannabinoidi sintetici, spesso presenti nel mercato degli stupefacenti nonostante la loro pericolosità. Se una di queste sostanze spesso fatali viene rilevata durante la fase di test tutti i volontari di Neutravel si preoccuperanno di informare ogni partecipante, distribuendo volantini all’interno festa e lanciando messaggi di allarme sui social network.

Data la paura di essere aggrediti dall’opinione pubblica gli organizzatori di eventi legali del mondo della musica elettronica come Movement, Club2Club e Kappa Future Festival a Torino, non permettono agli operatori di Neutravel di eseguire il drug checking. Il drug checking è tabù, tabù legato all’idea che una polvere bianca, senza provenienza e senza nome, non verrà ingerita. Per chi usa droghe non è così perchè l’esperienza personale, seppur fallace, e le dinamiche di gruppo hanno la meglio. Qui si inserisce l’operatore della riduzione del danno, che con la sua autorità preceduta dalla sua esperienza restituisce consapevolezza sul valore di ciò che è stato appena acquistato da uno dei tanti spacciatori.
Il lavoro degli operatori di Neutravel per il drug checking non finisce qui. Una volta finita la festa i dati vengono raccolti e analizzati dall’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA), permettendo di capire come evolve il mercato nero degli stupefacenti ed il consumo di droga in Italia e in tutta Europa.
“L’ho presa nel club, mi ha fatto viaggiare sei ore. Mi sembra buona”. È così che ho conosciuto Giuditta al banchetto informativo. Mi dice che Torino è la citta della musica techno, puoi andare nei club oppure ti sbatti con la bici e vai ad una delle tante feste illegali, si chiamano le TAZ, nella periferia. Barriera, la Colletta o Parco Dora sono gli spot più utilizzati. A Murlo, lei e Teresa sono arrivate usando una delle tante app di ridesharing.

Teresa e Giuditta mi stanno ascoltando, spiego ad entrambe che serotonina e dopamina vengono rilasciate dalla MDMA in circolo e creano un’interazione neurotossica e che quindi i recettori vanno lasciati “riposare”. In testa ho l’immagine di me che scrivo nei miei appunti la stessa frase durante il training a cui Neutravel ci ha sottoposto. I loro occhi seguono la mia mano che apre il pieghevole giusto: il grande smiley sotto al titolo “Ecstasy” scompare e sulla seconda pagina il mio dito punta alcune delle parole chiave: “Battito”, “Idratazione”, “Colpo di calore”, “Mix pericolosi”, “Attacchi d’ansia”. Giuditta non ha ancora chiuso il marsupio nel quale ha conservato il pieghevole che Teresa già mi chiede se può prenderne un altro. Certo. Al banchetto informativo abbiamo centinaia di copie di pieghevoli informativi su ogni sostanza e per ognuno di queste ci sono gli operatori e i volontari del progetto Neutravel pronti a rispondare ad ogni domanda sul consumo, le interazioni, i rischi e le dipendenze del consumo di stupefacenti. Nel training mi hanno insegnato che non basta rispondere alle domande che la persona dall’altra parte del tavolo mi pone. Devo capire quali sono le sue paure, i suoi disagi rispetto alla situazione che sta vivendo. Tramite domande dirette ma non inopportune devo capire se oltre la curiosità sul nostro intervento c’è una richiesta di aiuto. Neutravel, dall’altra parte del tavolo, offre di tutto: acqua e cibo, pieghevoli informativi, supporto psicologico e interventi di primo soccorso.

Doma

Serotonina, dopamina, GABA. Queste erano alcune delle parole di Selene di Neutravel che poi dovrò cercare su Google. Una cosa di sicuro me l’ha trasmessa: con le droghe spesso 2 + 2 = 5. Ci ha spiegato che MDMA e LSD sono droghe sinergetiche e che l’effetto di entrambe viene amplificato. È meglio evitare, e se non si può evitare bisogna mantenersi su dosi minime per entrambe le droghe. Io ho sempre misurato gli acidi in termini di quartini: ne compri uno, lo dividi in quattro parti. Nel pieghevole che Selene ci ha dato parla di altre misure. Microgrammi. Poi come affrontare il “viaggio”. Cos’è uno stato alterato, come questo è influenzato da set e settings e da cosa deriva la “nausea” da acido. Ho il pieghevole in tasca, insieme a quello della ketamina. Ketch, mai provata, ma ne sono curioso, praticamente tutti i miei amici la usano.

Son passate le quattro del mattino, il buio fa spazio al crepuscolo. Giuditta e Teresa si son fidati, la MDMA può aspettare. Vincenzo ed io siamo ancora svegli, le nostre visioni cadono forti dai nuvoloni nel cielo che ci sovrastava allo spazio adibito agli artisti. Con le mani intrecciate fra i cavi di almeno dieci sintetizzatori riconosco Hesed. Arrivato a Murlo dalla Germania, come non si può riconosce l’equivalente techno di Jean Micheal Jarrè.

Alle feste i DJ o i musicisti si nascondono. Non c’è nessun palco ma solo un gazebo o qualche tavolo ben nascosto fra la folla danzante. Si fa così da sempre: niente idolatria, siamo tutti i partecipanti e non ci deve essere nulla che ponga distanza fra una persona e le altre.
L’unicità di Hesed e del suo collettivo però non può che essere riconosciuta. Un vero e proprio concerto, fatto di sintetizzatori, drum machine, apparecchiature homemade che riempiono il tavolo dal quale il segnale elettrico della sua musica raggiunge il muro di casse. Qualche beat e lo spazio davanti al muro si riempie. L’orologio ha superato le sette del mattino e si balla tenendo lontane le camionette della Digos che tagliano l’alba. Il sole rende finalmente riconoscibili tanti dei volti, tante delle persone che avevano accompagnato la mia danza per gran parte della notte.

Il bel tempo della prima giornata di festa è stata la giusta cornice per tanti dei sorrisi che mi hanno circondato. La famosa “presa bene”. Qualche pausa e mi son lasciato travolgere dalla musica fino al tramonto. Una ragazza mi ha regalato delle birre che accompagnano con un po’ di euforia le ondate di energia lisergica che al tramonto stavano oramai sfumando.

Durante la seconda notte abbiamo rimpianto i sacchi a pelo lasciati in auto. La stanchezza e il freddo sono stati alleviati dalle coperte isotermiche che i volontari di Neutravel hanno distribuito nell’area chillout. Non le abbiamo abbandonate finchè non abbiamo notato i primi falò. Mi sono confortato con il tepore del fuoco per tutta la mattina, per poi raccogliere le mie cose solo quando la musica si è abbassata ed ho intuito che la festa era arrivata al suo termine. Alle quattro di pomeriggio la musica scompare ed un fiume di persone volta le spalle al sound system: è il momento di andare. Mi ero riposato abbastanza per alternarmi alla guida. Io e Vincenzo eravamo saturi, saturi, saturi di divertimento. Il sole accompagnato dalla musica e dalla tribù danzante ha ucciso il lungo inverno.

Selene

In tre giorni di intervento penso di non aver dovuto svelare nessuna bugia. Nei festival e nei club i nasi aspirano le polveri nei bagni; gli “scambiamano” avvengono dietro le porte dei gabinetti. L’uso di sostanze collegato agli ambienti del divertimento, segreto di Pulcinella, nei Free Party è tollerato e questo, unito agli ideali di autogestione collegati a questo movimento, portano ad un maggior controllo nell’uso di stupefacenti e ad un intervento tempestivo nel caso di emergenze. L’informazione di cui Neutravel si fa portavoce in questi contesti non è ostacolata da tabù e stigmi e per questo molti dei partecipanti all’evento illegale acquisiscono una consapevolezza relativa all’uso di droghe che loro stessi ammettono esser nuova.

Oltre a tutto ciò che riguarda le droghe Neutravel si occupa di fornire un tipo di assistenza primaria (acqua, cibo, coperte, etc…) che fa sì che molte situazioni rischiose per chi arriva impreparato a tre giorni di festa non diventino un pericolo inevitabile.

L’esperienza di volontaria per Neutravel mi ha permesso di integrare nel mio percorso da assistente sociale comportamenti efficaci e pragmatici relativamente ai contesti legati al consumo di stupefacenti, allontanando le pratiche repressive e punitive completamente estranee ad ogni beneficio per la collettività.

Posted in Esperienze

Parlare di Viterbo 3 mesi dopo

Posted on 2021/10/22 - 2021/10/24 by bananatek

Nell’ultima settimana è girato su qualche gruppo telegram questo podcast: https://www.spreaker.com/user/nientedimeno/puntata-rave

Come prevedibile i commenti si dividono fra chi ritiene che si sia parlato abbastanza di Viterbo (tradotto: non si debba parlare di Viterbo) e chi pensa che invece si deve riflettere su quello che è successo allo Space Travel 2. Con questo post vorrei approfondire alcune delle tematiche messe in luce da “Jeff’ l’intervistato e in alcuni punti cercare di correggere delle imprecisioni che sono state fatte.

L’informativa della Lamorgese

Nell’intervista Jeff cita il bollettino della Lamorgese. Per esser più precisi si tratta di un’informativa presentata alla Camera, di cui carico l’estratto qui.

https://iravernonsognanopiu.noblogs.org/files/2021/10/uno.mp4
https://iravernonsognanopiu.noblogs.org/files/2021/10/due.mp4
https://iravernonsognanopiu.noblogs.org/files/2021/10/tre.mp4

Dinamo Press ha riassunto l’intervento della Lamorgese nei seguenti punti: 

  • un giovane qualificatosi come “ex partecipante ai rave” ha comunicato nella sera del 13 agosto ai carabinieri della compagnia Tuscania che si sarebbe svolto un party ma che la posizione esatta sarebbe stata comunicata dagli organizzatori solo dopo aver montato i soundsystem. Poi all’1 di notte del 14 agosto ha riferito la posizione;
  • all’1.55 la pattuglia dei carabinieri ha trovato, dopo 45 minuti di ricerca, un’area con impianti musicali già accesi e già occupata da migliaia di persone;
  • le caratteristiche dell’area – lontana dai centri abitati, buia e raggiungibile da diverse strade – hanno ritardato la sua localizzazione da parte delle forze dell’ordine;
  • 900 agenti di polizia si sono concentrati nell’area della festa durante i giorni di svolgimento;
  • alle prime luci del 14 agosto sono state stimate 4mila presenze, comprese famiglie con bambini;
  • non è stato possibile impedire l’arrivo di altre persone a causa delle difficoltà di controllo dell’area legate al tipo di territorio e alla sua conformazione;
  • nella punta massima la partecipazione è stata di 7-8mila persone;
  • l’alto numero di soggetti coinvolti, la presenza di minori e automezzi pesanti hanno spinto a realizzare un’operazione di dissuasione dei partecipanti invece di un’azione di forza;
  • lo sgombero dell’area, con il prevedibile ricorso a idranti e lacrimogeni, anche vista la conformazione rurale e le stoppie facilmente incendiabili, avrebbe determinato rischi di ordine
    pubblico, per la sicurezza pubblica e di incendi;
  • i vigili del fuoco sono stati sempre presenti nelle vicinanze dell’iniziativa;
  • è stata svolta una continua e costante pressione per rompere il fronte degli organizzatori e isolare quelli che volevano andare avanti fino al 23 agosto;
  • nel corso del rave si è registrata la morte di un giovane partecipante allontanatosi dall’evento per immergersi nelle acque di Mezzano;
  • sono state identificate 4.235 persone, di cui 784 stranieri, e segnalate all’autorità giudiziaria;
  • i principali reati ipotizzati: manifestazione non autorizzata e invasione di terreni;
  • sono stati controllati 1.441 autoveicoli, di cui 1.351 all’uscita e 90 nel tentativo di ingresso nell’area;
  • sono state sequestrate casse acustiche e materiali per l’allestimento di concerti, poi dissequestrati da autorità giudiziaria;
  • l’evento ha fatto registrare una denuncia per violenza sessuale;
  • dopo la conclusione del rave: i controlli non hanno riscontrato danni alla fauna, non avendo rinvenuto carcasse né animali abbandonati; il terreno è stato bonificato da una ditta specializzata; la società proprietaria della tenuta agricola ha chiesto un risarcimento danni;
  • l’utilizzo di chat private non accessibili pubblicamente ha permesso di far arrivare contemporaneamente e da più direttrici (non solo da nord, via Aurelia) migliaia di persone sul sito dell’evento;
  • la confluenza verso il sito del rave avvenuta da più direzioni ha potuto mimetizzarsi con l’aumento del traffico per Ferragosto;
  • sono arrivati partecipanti anche dall’estero, ma nessuna polizia europea aveva fornito informazioni sull’evento;
  • «gli organizzatori del rave hanno messo in atto un metodo capace di approfittare di tutte le circostanze favorevoli per aggirare i meccanismi di prevenzione che avrebbero potuto intercettare ed evitare l’evento» (letterale);
  • il temuto effetto focolaio che avrebbe potuto produrre il rave non si è visto. È questo il risultato di una specifica indagine epidemiologica condotta dalla Asl di Viterbo a 20 giorni dalla conclusione del rave. Non si sono registrati casi di positività nelle persone testate gratuitamente, tra cui figurano oltre a residenti della zona anche partecipanti al rave;
  • il fenomeno del rave non è affatto inedito, né soltanto italiano come dimostra quello svoltosi in Francia la scorsa settimana, nonostante i divieti, con 2mila presenze e conclusosi senza azioni repressive dopo alcuni giorni;
  • in Italia ci sono stati rave anche con molte migliaia di partecipanti anche negli anni precedenti, a eccezione del 2020 a causa della pandemia. Anche nel 2018 e 2019 [quando al Viminale c’era Salvini, ndr] si sono tenuti rave raffrontabili a quello di Viterbo per l’afflusso di migliaia di persone: Macerata, 17-23 agosto 2018, 1.500 partecipanti; ex centrale Enel di Montalto di Castro, settembre 2018; fabbrica abbandonata in provincia di Torino, 5mila persone, ottobre 2019; terreno agricolo in provincia di Alessandria, 2mila persone, giugno 2019. In nessuno di questi eventi si è intervenuto con la forza, se non quando è stato permesso da circostanze tempo, luogo e numero partecipanti. Come avvenuto anche recentemente a: Brindisi, Cagliari, Lecce, Massa Carra, Messina, Padova, Sassari e Torino;
  • questi casi segnalano una certa ripresa del fenomeno anche a livello europeo «evidentemente come reazione anche alle restrizioni legatealla pandemia».

Oltre ai dati oggettivi personalmente ho trovato interessante il fatto che la Lamorgese nei trenta abbondanti minuti in cui ha parlato non ha neanche lontanamente accennato alle origini  dell’evento sui cui l’informativa si è concentrata.

Non nutro minimamente dubbi che ci siano agenti di Polizia che abbiano una perfetta conoscenza di come nasce e si svolge un free party, perfino quali siano le motivazioni dietro questo fenomeno. Nell’informativa invece sono presenti errori grossolani, come ad esempio il fatto che la notizia del rave fosse circolata nei pochi giorni precedenti alla festa, e grandi mancanze, tra cui non aver dato nessuna forma ai collettivi che organizzano i free party e quali sono gli strumenti che rendono possibili tali eventi. È impensabile che dopo trent’anni di feste il rave party rimanga anche in questi contesti un’entità astratta e lontana, che come tale può essere solo ostracizzate dalle forze più conservatrici che governano il Paese.

La questione della comunicazione

La sottocultura rave in Italia e nel resto d’Europa, ha subito dei fortissimi cambiamenti nel periodo che va dal 2008 al 2015. I free party a cui assistiamo ora sono organizzati e costruiti esattamente partendo dagli schemi che sono stati sperimentati in quei sette anni. Di fronte ad una forte tecnologizzazione delle forze dell’ordine, il tempestivo e inarrestabile monopolio di pochissime aziende nella comunicazione di massa e l’assenza di una consapevolezza del digitale hanno reso gli strumenti che abbiamo ereditato ormai obsoleti. Mentre prima vari siti tra cui il più famoso quello di shockraver facevano da catalizzatore per i grandi teknival europei, ora i silos dei social media rendono insicure le feste, i gruppi pieni di ostilità ed infiltrati, fanno circolare speculazioni e informazioni false.

Questa debolezza nella comunicazione è stata una delle debolezze principali dello Space Travel. Mentre il flyer era disponibile già da settembre sulle storie di instagram, è mancata la coordinazione con gli altri ambienti antagonisti italiani, CSA e progetti di informazione indipendente in primis.

Va precisato che le due problematiche delineate, quella della comunicazione e l’altra della poca consapevolezza tecnologica, è un problema che viene affrontato dai collettivi di tutta Europa. In Italia però, rispetto ad esempio che in Francia e Repubblica Ceca, mancano esperimente in questo senso e le feste ne soffrono.

Autogestione e individualismo

Una grandissima problematica del tutto italiana invece è la fortissima atomizzazione che il movimento sta subendo. L’idea che in festa ognuno è per sè, che l’unico momento di azione collettiva è la carovana ad inizio o fine festa, e la totale mancanza di giudizio e cura nei confronti delle azioni dei raver che ci stanno attorno, potrebbe essere la pietra tombale del movimento.

La soluzione proposta dall’intervistato è tanto banale quanto difficile da mettere in atto perchè richiede un cambiamento culturale. Non ero presente alla festa dei Krashminuz ma ho visto varie volte le crew interrompere la festa o spegnere la musica per far fronte ad un problema di degrado o pericolosità.

La mancanza di azione collettiva invece, il fatto che nella testa di moltissime persone una delle idee fondamentali del free party, l’autogestione, si sia persa e abbia lasciato spazio al più totale
individualismo, dove ogni incidente non è tale finchè non coinvolge se stessi o la cerchia intimi di amici con cui si va in festa.

Conseguenza naturale di questo pensiero (o atteggiamento) è che il degrado e gli incidenti siano inevitabili alle feste di queste dimensioni. Non è assolutamente vero, e ne abbiamo una
prova (quasi) ogni volta che vengono organizzate feste da cinque mila, dieci mila, ventimila persone in Francia, Spagna e Repubblica Ceca. Niente morti, niente stupri, nessuna disgrazia e molte volte tanto supporto dalle attività commerciali locali e dai cittadini nelle vicinanze.

Il Teknival come prima esperienza

Nel podcast è stata detta una cosa che spesso si ignora in tante discussioni: lo Space Travel, come tutti i grandi teknival, è stato molto più accessibile rispetto alle taz che si svolgono ogni settimana e per questo è stata la porta di entrata in questa sottocultura per tantissimi giovani. Sono d’accordo con il pensiero che abbiamo fallito quando da questa festa se ne tornano ragazzi demoralizzati e a volte traumatizzati dalla quantità di degrado a cui hanno assistito.

Non va tralasciato che molte volte è invece la polizia a creare degrado e disordine nella festa. Quest’anno la taz a Redon ci ha  ricordato che anche una festa ben organizzata nulla può contro la violenza ingiustificata delle divise. È da chiedersi se dopo tutti gli sgomberi e la repressione a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni l’Italia sia stato il posto più adatto dove organizzare un ambizioso teknival di tre giorni. Con più attenzione infatti, il più grande benefit per i fatti di Redon è stato organizzato in Repubblica Ceca. Non ci spaventano certo i chilometri, l’intera sottocultura si basa sull’idea di viaggiare.

Criminalità organizzata

Non mi stupisco che il tema della criminalità organizzata sia stato affrontato solo brevemente nel podcast. Questo è un problema grande che affligge in maniera maggiore le crew italiane
rispetto alle altre nel resto d’Europa. Come ho visto fare in Spagna, Francia, Germania e Repubblica Ceca, i pusher, così come chi ha occhi solo per la droga, spesso vengono allontanati dalle feste. Lo spaccio in festa in Italia non è affrontato con la stessa serietà ma anzi ci sono dei collettivi che fanno della festa una grande copertura per organizzare due giorni di piazza di spaccio.

GABA Hop

Jeff nel podcast corregge l’intervistatore affermando che l’uso delle sostanze non è il motivo principale per cui le feste vengono demonizzate. Si fa l’esempio della cultura della goa e psytrance.

Si sarebbe potuto nominare la più mainstream cultura dell’hip hop che fin dalle sue origini newyorkesi è un movimento artistico estremamente legato al consumo delle sostanze. Negli anni ’70 il crack era l’epicentro di questa cultura, lo spaccio l’unica speranza per fuggire dai ghetti e dalle periferie. Nei ’90 nacque il weed rap, Dr Dre e Snoop Dogg fra i principali esponenti. Dal 2000 in poi, inquinando anche la cultura della trap, l’intera cultura si è spostata verso i “downers”, oppiacei e benzodiazepine: Lil Peep, Future, Lil Pump, J. Cole, Travis Scott, Juice WRLD fra i principali.

Nella scena trap italiana i downers accompagnano spesso la cocaina, che però rimane prima di tutto un simbolo di successo, privilegio e arroganza. I riferimenti alle droghe sono sempre importati: “Nike più prometazina” (FSK Satellite), “Mens sana in corpore sana 200 gocce in corpo Xanax” (Ketama126), “La bottiglia è sempre purple, il mio umore sale e scende” (Sfera Ebbasta), “Bevo lean, vado down, down” (Drefgold).

Violenze sessuali

Su questo tema voglio solo fare delle precisazioni su quello che è stato detto durante l’intervista.

Jeff ha ricordato che in Italia alla fine degli anni novanta c’era molta sensibilità relativamente al problema della parità di genere: oltre ad Anna Bolena e al “suono di Roma”, approfondito in questo articolo mi viene da nominare Ixindamix, una dei membri di Spiral Tribe che di recente ha pubblicato un vinile con Maskk di Kernel Panik, anche lei presente allo Space Travel. Una bella intervista è disponibile qui.

Nell’intervista vengono anche citati i collettivi “sessfem”. Ad esser precisi “sessfem” si riferisce ad una pratica, in inglese “femsex” praticata da alcuni collettivi femministi.

La mia esperienza in tutta Europa mi ha sempre fatto vivere la festa come uno spazio di liberazione sessuale, uno spazio sicuro dove la questione delle tematiche di parità, genere e sessualità viene affrontata non solo con le parole e gli striscioni, ma anche col proprio corpo. Io personalmente non ho mai percepito una grossa disparità di genere. Il free party deve rimanere “il luogo fisico e di immaginario scandaloso”, ma non certo per le violenze sessuali. 

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Teknival Des Musiques Interdite: ancora repressione in Francia – Redon

Posted on 2021/07/24 - 2021/07/24 by bananatek

I collettivi francesi stanno vivendo un periodo di repressione piuttosto duro. Dopo le vicende di questa estate il tradizionale rave di capodanno ha visto una partecipazione piuttosto ridotta, 2500 persone sono un numero piuttosto irrisorio se paragonato al numero medio dei partecipanti nelle grandi feste degli ultimi 5 anni, ma nonostante questo la risposta del governo è stata severissima nel tentativo di farne un caso esemplare.
La copertura mediatica è stata notevole e molto meno faziosa rispetto a quanto siamo abituati in Italia:

  • https://www.konbini.com/fr/musique/pourquoi-la-rave-party-du-nouvel-an-en-bretagne-a-t-elle-fait-autant-de-bruit (https://archive.is/r7DM8)
  • http://www.tsugi.fr/recit-la-free-party-du-nouvel-an-racontee-par-ceux-qui-lont-vecue/ (https://archive.is/ALEW2)

In Francia la questione politica è sempre stato uno dei punti cardini nella organizzazione delle feste e per questo la festa di capodanno è stata anche ripresa dal New York Times (https://archive.is/o1STM e dal Guardian  (https://archive.is/AacOk)

In generale abbiamo notato una notevole attenzione all’aspetto sanitario nelle taz francesi in questo periodo.

Au delà de l’image que renvoient ces fêtes, les comportements ont évolué depuis l’apparition du COVID. Tout le monde à vécu une période de confinement inédite et, bien  évidemment, les mentalités ont changé. Les fêtards font plus attention, et de nouvelles stratégies de réduction des risques sont apparues : moins de partage de bouteilles, on privilégie les groupes amicaux que l’on connaît. Pour certains, port du masque pour protéger ses proches les plus vulnérables, lavage des mains au gel hydroalcoolique plusieurs fois dans la soirée, on danse moins serré, avec moins d’accolades…

Nonostante la riduzione delle restrizioni l’azione repressiva in Francia sta continuando quest’estate. La violenza messa in atto dalle forze del disordine alla recentissima festa a Redon in
solidarietà a Steve Maya ha mostrato per l’ennesima volta l’ipocrisia delle istituzioni.

Le azioni della polizia sono state riportate da testate internazionali mentre la destra francese ha colto l’occasione per criticare i sovvenzionamenti statali ai collettivi di riduzione del danno presenti.

  • https://www.theguardian.com/world/2021/jun/20/france-rave-party-goer-loses-hand-police-clashes-injuries-brittany (https://archive.is/SOras)
  • https://www.nytimes.com/2021/06/19/world/french-police-covid-rave.html (https://archive.is/Hzgas)

Riportiamo la traduzione del comunicato di Techno+.

Da 26 anni Techno+ si occupa di free-party e teknival, nell’ambito della salute e della riduzione dei rischi legati alle pratiche festive. Come associazione impegnata nel movimento, ci siamo sempre preoccupati di garantire i collegamenti tra la scena e le autorità locali in modo che la celebrazione si svolga al meglio e che,
come in tutte le feste, sia preservata la salute delle persone. È in questo senso che siamo sempre stati sostenuti dal Ministero della Salute e riconosciuti come interlocutori dalle autorità locali.

Techno+ era presente al Teknival des Musiques Interdits, 43 volontari in totale, e può testimoniare quello che hanno passato, il lavoro che hanno fatto, la cura dei feriti. Tutto questo è avvenuto temendo per la propria salute, la propria vita. Non può essere diversamente quando, in fuga dagli assalti dei gendarmi attraverso i campi, sentiamo questo ordine della polizia: “Sparagli a vista”.

Sì Techno+ era presente e può testimoniare questa incredibile violenza, gratuita dove “l’ordine”, vale a dire (va ricordato) il divieto di ballare, deve prevalere, costi quel che costi: mano, occhio, vita…

Questo teknival di protesta, 2 anni dopo la morte di Steve, è arrivato a porre crudelmente la domanda: potrebbe il desiderio di fermare la musica il 21 giugno 2019, sulle rive della Loira a Nantes, giustificare la morte di ‘un giovane partecipante? No! Né è giustificabile che una pista da ballo sia diventata, il 19 giugno 2021, teatro di guerra.

Nulla può giustificare il rifiuto delle autorità pubbliche all’assistenza sanitaria al 22enne a cui era stata strappata la mano, costringendo uno dei suoi amici a coprire ciò che
restava del suo avambraccio con un panno. In quale stato psicologico si sono recati in ospedale questi giovani ventenni?

Techno+ era presente e può testimoniare anche le ferite curate dai suoi volontari: 22 vittime principalmente ferite a causa di proiettili, granate disaccerchiamento e LBD (ndt: armi subletali).

Un esempio: nell’aggressione “controllata” di sabato pomeriggio, una giovane ragazza che è stata colpita al volto, aveva la guancia aperta e qualche dente rotto. Nonostante gli appelli alle autorità sul posto e nonostante la sua sofferenza, ci sono volute quasi 2 ore perché i soccorsi fossero autorizzati a venire a prenderla
al nostro stand. La motivazione addotta era quella di garantire la sicurezza dei servizi di emergenza. Da chi dovrebbero essere protetti i soccorritori? I frequentatori di feste che hanno chiesto la loro presenza? o dalle forze dell’ordine?

Di chi ci stiamo prendendo gioco? I soccorsi, Croce Rossa, Protezione Civile e i vigili del fuoco sono sempre stati accolti a braccia aperte nei teknival, ringraziati, spesso applauditi sia dal pubblico che dagli organizzatori.

Techno + era lì e può testimoniare che per la prima volta in 26 anni, le sue richieste di aiuto sono rimaste inascoltate.

Quanti infortuni ci sono stati durante questo fine settimana? Al di là dei feriti che abbiamo incontrato durante il nostro intervento e delle 22 persone di cui ci siamo occupati, è difficile saperlo, perché come il giovane che ha perso la mano, la maggior parte dei partecipanti alla festa. si sono allontanati con i propri mezzi e non sono stati
contati dalle autorità.

Quanto alla questione dell’evacuazione notturna dei feriti e delle vittime della denuncia del sabato mattina, la richiesta del
Sottoprefetto, Sig. Ranchère, era che “dovevamo organizzarci a tutti i costi per evacuare le vittime”. Quando gli abbiamo chiesto cosa fosse
stato messo in atto su questo argomento, ha stretto i denti e ci ha risposto: “Ci stiamo ancora pensando…” Questo la dice lunga sui discorsi pensati solo per i giornali, ben lontani dalla realtà di cui parlava e da quello che accadeva a terra dal giorno prima!

Techno+ può anche testimoniare l’assenza di avviso precedente la carica di polizia di sabato 19 giugno alle 17 ma anche che il
sottoprefetto, con cui eravamo in contatto dalla mattinata, ci ha più volte assicurato che non c’era non avrebbero caricato e che la sua
priorità era “evitare ulteriori lesioni”. Ricordiamo che il luogo della festa era un cul-de-sac (ndt: vicolo cieco) la cui unica uscita era controllata dai
gendarmi. Gli avevamo presentato i pericoli associati al sito: un fiume alla fine del campo, a sua volta delimitato da due fossati.

Questa favola di un giovane armato, ebbro di odio e di violenza, che tira blocchi di cemento alla polizia, spacciato ai media che non hanno
mai il tempo di verificare (deontologia?), aveva il solo scopo di giustificare l’ingiustificabile, di spezzare l’impeto di un giovane venuto a ballare.

Chi è responsabile di questa violenza? La polizia ha trasgredito gli ordini del prefetto di Bretagna, come lascia pensare questo fatto?
Voleva forse il prefetto anticipare gli ordini del ministro? O è stato il ministro dell’Interno a ordinare un simile episodio di violenza in questo periodo elettorale?

Un giorno impareremo, se ci sarà un’indagine, qual’era la catena di responsabilità. Ma qualunque cosa sia stata, ciò che i volontari di
Techno+ hanno visto, vissuto e per la quale sono profondamente scioccati è, ai loro occhi, è una questione molto più seria per il futuro. È stato il sorriso soddisfatto, il piacere che provavano alcuni gendarmi durante gli atti di violenza. Vogliamo dire solo alcuni gendarmi, perché sappiamo anche che altri, speriamo la
maggioranza, sono rimasti allibiti da questi comportamenti.

Questo sorriso, questo piacere, è il confine che, in teoria, separa la milizia (ndt: polizia politica paramilitare) dalla Gendarmeria Nazionale, garante della nostra democrazia.

 

Posted in Memorie

Freedom Day

Posted on 2021/07/24 - 2021/07/24 by bananatek

Il mio marsupio stava prendendo la polvere ormai da troppo tempo. Ho passato tutto il triste inverno londinese a saltare di bar in bar: Camden, Hackney Wick, Dalston, perfino i locali posh di Soho. Una sera ero finito a cercare le info in un rooftop bar di Shoreditch, e la situazione non poteva essere più triste di così.

Sono un italiano emigrato per lavoro ed i miei unici amici qua sono i miei due coinquilini. Questo significa che come la stragrande maggioranza dei londinesi ho passato i primi weekend dalla riapertura dei locali a bere nei bar del centro. Non deve meravigliare che lo scorso sabato si preannunciasse come il solito pomeriggio al Rocksteady di Dalston. Mi dirigo lì quando non so più dove andare a parare, che coincidentalmente è proprio quando chiamano l’ultimo giro dell’happy hour.

Per fortuna ho la parlantina facile e ho attaccato subito bottone con questa coppia di francesi che mi ha chiesto un paio di cartine. Incuriosito dal fatto che avevano guidato per due ore da Leicester li ho interrogati sul motivo del loro viaggio: non potete immaginare la mia faccia quando mi hanno rivelato che erano venuti per una festa. Lui un raver old school: Kernel Panik, Heretik, Crystal Distortion, lei che per una festa era arrivata fino al CSA Auro, in Catania. Non ho neanche dovuto chiedere che ero già in auto con loro.

Abbiamo guidato per più di quaranta minuti. Sembra molto ma eravamo ancora in periferia di Londra quando abbiamo parcheggiato: le indicazioni che erano arrivate alla coppia francese per messaggio ci avevano portato ad un ponte dove un ragazzo, fermo su un muretto, ci ha dato un’occhiata e poi chiesto se eravamo lì per la festa. La sentinella.

Il ragazzo ci dice di prendere una stradina sterrata, impercorribile in auto. Non facciamo neanche cento metri che una massa di ragazzi in jeans, profumo e camicia ci viene incontro e ci annuncia che la festa è finita: “Police… shutdown”.

Ci fermiamo a parlare con il ragazzo del muretto. Anche lui stupito da tutte quelle persone che se ne stavano andando, tira fuori il telefono: surprise surprise la polizia aveva sì sgomberato una festa, ma non la nostra!

Ci incamminiamo, avevamo davanti a noi qualche chilometro di strada buia e sterrata.

Melting Pot

Siamo arrivati e abbiamo trovato un’altra sorpresa: la musica era spenta e la crew ci ha chiesto venti sterline per stare lì. Non c’era neanche un sound system ma due casse attive montate sul treppiedi.

Andiamo al bar dove una ragazza russa ci spiega che la crew era impegnata a parlare con la polizia che stava portando a passeggio i cani. Era preoccupata, erano alla quarta festa ed era la prima volta che gli amici in blu davano problemi.

Quel silenzio è durato poco meno di mezz’ora; si sono accese le spie degli speaker e abbiamo capito che ci aspettavano dieci ore di psytrance. In realtà dieci ore di psytrance non è proprio che siano la mia idea di serata ideale. Non è un caso che io non sia mai stato ad uno dei tanti festival che vengono organizzati in Italia, Spagna ed Est Europa.

Fortunatamente a tutta quella forest si è alternata tantissima goa, qualche pezzo psytrance più mainstream e a momenti anche della breakbeat. Nelle settimane che hanno seguito quella taz abbiamo capito che la scena qui è musicalmente molto eterogenea rispetto al resto d’Europa: nei flyer si trova di tutto, dalla gabber alla dnb, dalla psytrance alla techno, a volte perfino l’house di qualche dj indie che appare su soundcloud.

Nonostante ci sia musica per tutte le orecchie non c’è la cultura del sound system che si trova nei free party più a sud nel mondo. Le crew montano semplicemente due speaker attivi, una console e un generatore. Questa è una decisione molto pratica: appena arriva la polizia delle persone caricano l’attrezzatura e in un batter d’occhio spostano la festa in un’altra zona di Londra.

L’aspetto più bello e d’impatto di questa taz è stata tutta il multiculturalismo che ci ha circondato. Abbiamo ballato con dei portoghesi, greci, polacchi ed ucraini, francesi e tedeschi, spagnoli
ed i russi della crew. Una ragazza canadese, Aria, che ha notato la mia maglia del XM24 mi ha chiesto se fossi nuovo. Mi ha spiegato che la scena inglese è piuttosto viva, specialmente in Scozia e nel sud del paese.

(video rilasciato col consenso degli organizzatori)

https://iravernonsognanopiu.noblogs.org/files/2021/07/alter_native_waves_10000000_1312063516279318_8870254754373721402_n.mp4

Pochi kilowatt, ma buoni

Una parte di me è stata dispiaciuta di non essersi trovata alla teuf di 40kw su cui ci si poteva imbattere in molte delle feste in Francia, d’altro canto il motivo per cui questa festa mi rimarra impressa è sicuramente il calore con cui le persone mi hanno accolto che è permasto per tutte le settimane a venire. La situazione delle restrizioni ha reso molto difficile socializzare a Londra ed è proprio grazie a questa festa che la situazione è cambiata. Aria, appena mi ha visto che stavo girovagando da solo si è preoccupata di chiedermi come mi stavo trovando a Londra, presentarmi i suoi amici con cui era venuta, condividere il contatto di due ragazze che squattano nel mio quartiere.

Dal momento in cui si è presentata non mi ha lasciato dieci minuti solo e con lei mi sono circondato di mille facce nuove, mille pronuncie differenti. Nonostante la musica non abbia disturbato minimamente le anatre del fiume che scorreva lì vicino è stata sufficiente per scacciare la solitudine dalla mia nuova vita in Inghilterra.

 

K. D.

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The trancecracker

Posted on 2021/06/30 - 2021/07/24 by bananatek

Riportiamo un famoso fumetto di Ishkur che canzona e riflette sulla commercializzazione della musica elettronica, il mainstream e l’idolatria.

 

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Ballando fuori dalla mappa. Il Free Party prima dello smartphone

Posted on 2021/02/20 - 2021/03/03 by bananatek

(L’articolo originale, di Brian d’Aquino è disponibile al seguente indirizzo. Pubblichiamo con autorizzazione per preservare la memoria.)

Quello che mi fa girare la testa quando si parla di free party, rave e feste, non è quello che si dice ma quello che non si dice; sono le storie non raccontate e che probabilmente non lo saranno mai. Storie dimenticate, rimosse, o confuse nel marasma di ricordi senza né capo né coda di chi le ha vissute, frutto di troppe notti passate in bianco una dopo l’altra – e che bianco. Ogni racconto sembra sottendere un’eccedenza che si allunga come un’ombra al tramonto. Una eccedenza infinitamente più grande, che allude a un eccesso di vissuto perso tra le curve della memoria e del linguaggio, e che in teoria dovrebbero collegare il tale fabbricone, perso in località X in una notte di una dozzina di anni fa, con il qui e adesso della parola o della scrittura.

Ultimamente abbiamo assistito a un ritorno dei free party in location inedite, come le librerie; ritorno che ha provocato l’attenzione di critici e giornalisti, con qualche apparizione su testate nazionali o nei telegiornali di prima serata. In chi ha speso un pezzo significativo della propria giovinezza tra capannoni polverosi e statali dimenticate da Dio e dagli uomini, questa attenzione ha provocato sentimenti opposti e complementari. Da una parte la soddisfazione nel vedere un certo rispetto per un movimento trasversale che è riuscito a mobilitare, in maniera autorganizzata, migliaia di persone attraverso tutta l’Europa, quasi ogni weekend per circa vent’anni, anche prima del boom di internet. Dall’altra l’amaro in bocca per un’assoluzione post-mortem, in cui a cadavere ormai freddo si trova il tempo per dire che, in fondo, “era un bravo ragazzo”.

Ridotto nei numeri e depotenziato di ogni aspetto antagonista, forse anche il free tekno è pronto per avere la propria sezione nel museo della controcultura, corridoio in fondo a sinistra dopo il punk. Ed è in quest’ottica che tutti i contributi venuti fuori nell’ultimo anno potrebbero anche assumere l’aspetto triste di corone di fiori al funerale, considerando anche la scarsa tendenza alla produzione di documenti scritti da parte del movimento durante le sue fasi più intense. Ma dopotutto, dove trovare il tempo per descrivere certe cose, quando il tempo bastava appena per viverle?

Non vogliamo, tuttavia, abbandonarci alla nostalgia. Se nulla è più com’era è perché oggi non è più ieri, ma anzi è quasi domani, per fortuna; e dopotutto c’è chi ancora si sbatte per montare “un muro” in una sperduta provincia toscana, e a loro va tutto il rispetto del caso.

Per chi alla fine degli anni Novanta era un ragazzino, affamato di vita e di esperienze fuori dal normale, i party erano l’unica destinazione possibile. Ricordo i primi contatti indiretti con il mondo del free tekno. Nell’autunno del 1998 si stazionava regolarmente in piazze e piazzette del centro di Napoli, finché un giorno un tizio vestito di nero passa e ci allunga un volantino fotocopiato con su scritto Tomahawk/D-Storm/Napoli Area. Una data, un numero di telefono e niente più. Pare fosse – anche se lo capii solo anni dopo – la famosa occasione in cui un ragazzo francese si beccò una coltellata da qualcuno che voleva imporre una specie di pizzo sulla festa, causando la temporanea cancellazione della Campania dal circuito dei free party internazionali. Qualche mese più tardi, una telefonata dall’Umbria di un amico d’infanzia mi metteva al corrente dell’attraversamento del placido borgo di Castel Viscardo da parte di una carovana di tir e corriere, camper e mezzi militari, a cui il paese aveva reagito serrando porte e finestre e sbirciando impaurito da dietro le tende. Si trattava della carovana che nel giugno del 1999, allontanata dalla prescelta location in Toscana, si spostava dietro suggerimento e con tanto di scorta  della polizia verso Bolsena per dar vita al Solar Sonika, uno tra i primi grossi teknival a svolgersi sul territorio italiano. Il primo ad avere una così forte risonanza mediatica.

“Sono arrivati con i loro camion, che sono metà case e metà discoteche viaggianti. Sono arrivati con i loro camion colorati carichi di alcol, dischi di vinile, jo-jo, felpe col cappuccio e nuove droghe. Come lo Skunk, un fumo dedicato alla cantante degli Skunk Anansie. Sono arrivati da tutta Europa e sul lago di Bolsena, nel nord del Lazio, ancora tutti si chiedono: ma chi sono? Sono rocker, hippie, raver? Sono traveller, l’ ultima tribù metropolitana”.

E ancora:

“I teknival rappresentano anche un’occasione di socialità, uno scambio di informazioni e aggiornamenti musicali. Con aspetti anche ludici. Al Solar Sonika, per esempio, spopola il biliardino fosforescente che tra l’altro offre il lato segnapunti come comoda base per la preparazione dell’anfetaminico speed. Il prossimo appuntamento? La festa di fine millennio in Portogallo o in Australia”.

A rileggere oggi questo articolo di Repubblica c’è da rimanere di sasso. Per le perle in fatto di sostanze (e i camion carichi di jo-jo), e per i toni pacifici con cui veniva descritta una occupazione – che durò sei giorni e sei notti – a 180bpm, delle sponde del lago. Toni che sarebbero a breve cambiati, dopo la tragica morte di un ragazzo nelle acque del lago, uno dei primi casi del genere a guadagnare gli onori della cronaca, e purtroppo non l’ultimo. Quello che salta all’occhio, però, è l’impossibilità, per i giornalisti dell’epoca, ma in fondo anche per i partecipanti, di incastrare il free tekno in una definizione precisa, elemento che ne costituiva la forza maggiore. Il party ha sempre funzionato sulla base di un effetto sorpresa, il collante capace di tenere insieme una catena improbabile, composta da un posto che non ti aspetti, inculato in una provincia che manco sapevi esistesse, per una situazione che hai visto prima solo al cinema, dove si suona una musica mai sentita, e che nessuno sa bene per quanto tempo durerà. Il tutto generosamente annaffiato delle più varie sostanze psicotrope, seppur in quantità non superiore a tante discoteche o piazze cittadine.

Quando questa catena ha iniziato a essere privata anche di un solo elemento, l’effetto non è più stato lo stesso. Party in location già note ai partecipanti così come alle forze dell’ordine, o vicine a strade principali e centri abitati; musica lentamente scivolata verso la routine di un genere, rielaborato senza neanche troppa fantasia (una tekno “barattolara”, come l’ha ben definita Francesco Birsa Alessandri); una programmazione a cadenza settimanale con durata di poco superiore agli standard di una discoteca e una attenzione sempre più scarsa all’ambientazione, alle decorazioni e alla messa in sicurezza dei luoghi (un esempio per tutti: l’infame Tor Cervara). Tutto questo ha pian piano incrinato quella magia che rendeva un fabbricone lurido un posto strafico, producendo un generale abituarsi dei partecipanti ai tempi e ai modi di vivere in festa, anticamera della stessa noia che si cercava di scacciare. Da qui all’apparizione della ormai celebre “divisa” (canotta da basket per lui, gonnellino zebrato per lei, scarponi da skate per entrambi) il passo è breve.

Nel frattempo si assisteva allo sdoganamento di sostanze come crack ed eroina, spesso additato come la causa principale del declino dei free party, dipendente anche dalle oscillazioni del mercato dei consumi esterno. Durante gli anni Duemila, per esempio, la cocaina fumata ha visto un boom di diffusione a tutti i livelli, e la rapida espansione delle basi di crack su tutta la provincia di Napoli. Tuttavia, nell’ambito dei free party, sembra ragionevole collegare la diffusione di certe sostanze proprio al processo di routinizzazione e normalizzazione dell’esperienza, in cui l’utilizzo massiccio di internet ha giocato un ruolo fondamentale. Quando il passaparola e i flyer fotocopiati hanno cominciato a essere sostituiti dalle infoline alla mercé di sbirri, coatti del sabato sera e spacciatori di professione, il risultato è stato il picco massimo della scena, con qualche anno di feste spaziali e numeri mai visti, ma allo stesso tempo il colpo di grazia a quel regime di invisibilità che aveva permesso ai party di progredire e ingrandirsi conservando lo spirito originario.

Per noi ragazzetti ancora privi di patente, accostarci ai party voleva dire macinare centinaia di chilometri sulla base di una voce di dubbia provenienza, o di un volantino fotocopiato passato di mano in mano. Il modo più semplice per spostarsi era imbucarsi su un regionale per Roma e raggiungere a piedi un noto bar di San Lorenzo, per verificare la fondatezza delle informazioni, e nel caso scroccare un passaggio verso destinazioni mai sentite: la Città Morta, Valle del Salto, la Buffalotta chilometro sessantaquattro. Nei casi più complessi ci si ritrovava di notte in qualche remota stazione della provincia padana, da qualcuno individuata come “la più vicina alla festa”. In attesa di qualche furgone diretto al party ma pronti, all’occorrenza, a farci a piedi la statale. La difficile reperibilità, e l’altrettanto difficile replicabilità dell’esperienza della festa erano insomma un valore aggiunto, che anziché scoraggiarci ci rendeva più motivati.

Poi iniziammo a muoverci con camper e furgoni, appropriandoci a piene mani di una geografia aperta e imprevedibile, in cui le distanze erano molto relative ed i cinquecento chilometri per Firenze erano poca roba rispetto alle quindici ore che ci separavano dal sud della Francia, e che affrontavamo come una parte del gioco. Quello che i free party hanno insegnato a una generazione (o almeno a una parte di essa), oltre ai nomi di tutte le uscite della A1 e a un discreto numero di modi poco puliti per fare soldi, è la forza del desiderio collettivizzato e privo di ogni gabbia normativa o ideologica, in grado, nei casi più fortunati, di piegare la realtà ai suoi bisogni. Nessun posto è troppo lontano e nessuna avventura troppo assurda: noi ci si mette in strada, qualcosa succederà.

Il primo gennaio del 2002 il comune di Aprilia, non sapendo come raccapezzarsi di fronte alle migliaia di persone che avevano preso possesso di una fabbrica dismessa e non mostravano alcuna intenzione di andarsene, pensò bene di noleggiare una ventina di bagni chimici e metterli a disposizione dei ravers. Il teknival in Valdarno dell’estate 2004, raccontato in maniera splendida nel romanzo di Vanni Santoni, doveva inizialmente svolgersi in un boschetto su una collina dei dintorni che si rivelò troppo piccolo per le quindicimila persone che vi stavano convergendo da tutta Europa. Era, inoltre, di proprietà di un tizio che lo affittava ai cacciatori durante la stagione venatoria. Ricordo distintamente un dialogo tra questo presunto proprietario, che strillava dell’arrivo di cacciatori “pronti a sparare a qualunque cosa si muova”, e un ragazzo dall’accento padovano indignato dal fatto che si insinuasse che lui organizzava le feste “con la buccia del cazzo”. In mezzo c’erano due carabinieri che provavano a far da pacieri, e che telefonavano al comune chiedendo di fornire un posto più adatto.

Per ogni episodio come questo, quanti sono andati perduti per sempre, non registrati, confusi, dimenticati, rimossi? Stiamo parlando, è bene ricordarlo, di un fenomeno che ha avuto luogo un attimo prima dell’esplosione di youtube e degli smartphone, e in un certo senso da ciò è stato preservato. Ma per ogni festa di cui è possibile ritrovare su internet un trafiletto di cronaca, una foto o un post su un forum che sembra appartenere alla preistoria del web, eccone dieci, cento, mille di cui non è rimasto nulla. Eppure anche lì si è vissuto, si è ballato, si è amato, ci si è radunati a centinaia o migliaia. Al di fuori dalla mappa, in quello che Gilles Clément chiama “il terzo paesaggio”. E pensare di averci perso le chiavi di casa, o l’ultima canna, nel terzo paesaggio, e che dopo dieci anni queste siano ancora lì, dove le hai cercate ma non sei riuscito a trovarle, è una idea che alimenta un vago quanto glorioso senso di vertigine.

 

Brian d’Aquino

Posted in Giornalismo, Memorie

IL POSTO PIÙ SICURO

Posted on 2020/12/17 - 2020/12/17 by bananatek


In questo mondo pesante,
in cui tutto ti schiaccia e passa,
stai tranquilla mamma,
il posto più sicuro è sotto cassa.

Un po’ di chimica,
per dare un senso a quest’attesa,
serotonina in bilico,
gli occhi si chiudono
ti portano lontano dall’inferno,
la musica entra in circolo,
fino a dentro lo stomaco,
la digerisci e ne nascerà miracolo,
che rende tutto chiaro e limpido,
come profezia d’oracolo.

Ti prego non parlarmi,
che ora sono innamorato,
di un’idea di mondo libero,
distorto e mai creato,
potresti rovinarmi,
con le tue parole,
questo amplesso sinestetico,
che ogni dio, invano, vuole.

Tu in quest’alba, fammi fantasticare,
di tornare nell’universo,
di essere qualcosa di normale,
di non sentirmi più intrappolato,
come la mia pupilla quando torna
di ordinaria dimensione,
in un occhio troppo piccolo,
infastidita da questo sole.

Duckbill

https://www.instagram.com/p/CH3NgMFn4vT/
https://www.instagram.com/schizzi_dinchiostro/

Posted in General, Media

Reborn Tribe – quella volta che non ho ballato

Posted on 2020/09/27 - 2021/12/03 by bananatek

Prima di quel giorno l’unica volta che ero uscito di casa alle 11 di mattina per andare ad un TAZ era stato per il Tek Steve All, quasi nello stesso periodo dello scorso anno. Bruce si era offerto di guidare e saremmo dovuti arrivare a Massa Carrara per Joe. Rendevouz alle sette di sera su uno delle uscite dell’autostrada Parma-Spezia. Bruce odia guidare, si è capito fin da subito, per fortuna la compagnia ha alleggerito il viaggio.

Il motivo principale per cui eravamo riusciti a convincere Bruce era il luogo della festa, si era deciso di fare tutto in montagna. Quella sera in quella zona stava piovendo e non abbiamo neanche fatto in tempo ad arrivare a Parma che spostarono il rendevouz in una piccola città verso Siena. Avevo già iniziato a imprecare, si iniziava a presagire che avremmo percorso più di mille chilometri in quel weekend. Verso le 11.30 sono iniziate a girare le info. A quel punto noi avevamo dapoco parcheggiato all’uscita dell’autostrada.  Sicuramente dovevamo dirigerci verso uno dei capannoni che si potevano intravedere già dall’autostrada.

Non riuscimmo a fare neanche cinquanta metri che trovammo già delle volanti e l’ambulanza: non capivamo, era troppo presto. A quanto pare in quello stesso momento un locale improvissato aveva organizzato una festa poco lontano dal posto scelto dalle crew e ambulanza e polizia erano dovute intervenire per un incidente. Nello stesso istante una carovana di veicoli si stava muovendo oltre. Pessima coincidenza.

Non mi piace parcheggiare la macchina dentro la festa ma non avevamo neanche voglia di fare avanti e indietro. Abbiamo fermato dei ragazzi che ci hanno aiutato a trasportare tutto. Se mi fosse data la possibilità di scegliere la nazionalità del gendarme con cui fermarmi a parlare sceglierei tedesco. Poi un francese, per ultimi gli italiani. Stavolta però era un’occasione troppo ghiotta per non fermarmi a fissarli ed ascoltare le loro parolea agitate. Quattro uomini, una donna, ho ben chiaro in testa il volto del poliziotto con la FFP2 che incredulo domanda agli altri che cosa avrebbero dovuto fare. Potevo respirare quella nube di agitazione e rabbia che li circondava, io di mio ero sì tranquillo ma anche fremante per l’eccitazione: in festa si è tutti protagonisti e questa volta mi aspettava un ruolo che avevo scelto.

 

Ci siamo palesati prima con i Karma, poi con i Blackdrop e Carrakas. Abbiamo riconosciuto i Metal Slug dalla scorsa stupenda festa in Puglia e infine i Soundlab Corp.

L’inizio della festa è sempre un momento magico. Decine di persone senza nome che si muovono frenetiche come formiche e disordinate come api, tutte con l’obiettivo di mutare un luogo di abbandono in un luogo di festa e collettività per almeno una notte. Quando le persone sono ancora poche e c’è tutto il tempo per scrutare lo spazio in trasformazione.

Quella sera, questo primo momento, tutto in potenza, è durato pochissimo. Una volta che abbiamo trovato lo spazio per lo stand di RDD ho visto tutto con più chiarezza e mi sono spaventato. Pensai che ci eravamo messi in un cosa più grande di noi. Non io, Joe e Bruce, tutti, crew e raver, non dovevamo essere lì.

Non si potevano levare gli occhi da terra perché essendo un ex colorificio a terra c’erano tutti pozzetti e canaline, piuttosto profondi per rimanere imbarazzati con le nostre garze da primo soccorso. Inoltre non era possibile ricoprirli tutti con le macchine. Oltre a questo cadevano pezzi di vetro dai tetti dei tre capannoni: per il resto della notte fra le tante cose andammo in giro a spostare le persone che pisciavano ai bordi. Lo spot della festa era troppo vicino alla città e sono arrivati taxi a frotte. Posso dire di non avere una bella opinione sul tipo di persona che arriva in taxi alla festa.  A questo si sommava l’età dei ragazzi che scendevano dai taxi fatti fermare a due metri dal cancello che ci separava dalla strada. Non avevo dubbi, quelle persone non dovevano essere lì. Si stavano raccogliendo molte persone dalle città più vicine, gente interessata più al libero consumo della droga che alla musica e alla festa. Questo gruppo si concentrò principalmente nello spiazzale antecedente ai capannoni, a formare una sorta di barriera fra la polizia e i raver. Quello spiazzale ha raccolto le situazioni peggiori della festa dovute per altro al tipo di persone che crede che autogestione significhi che ognuno pensa a se stesso.

 

Prima di metter piede in quello spiazzale erano quasi cinque anni che non vedevo qualcuno consumare crack. Le molte bancarelle nel terzo dei capannoni, quello più grande, avrebbero dovuto aiutare ad allegerire  l’atmosfera ma un triste posizionamento dei generatori aveva invece reso l’aria troppo pesante. Non abbiamo passato troppo tempo in quello spot proprio per questo motivo. Giusto il tempo di posizionare i sacchetti della spazzatura più volte durante la serata e qualche saluto ai ragazzi della pizza. In questa scena a mancare era solo la chillout. Avevo preso accordi che del materiale e dello spazio per la chillout se ne sarebbe occupato un altro collettivo. Non me ne preoccupavo, avevo preso accordi con loro e mi avevano assicurato sia un tavolo (non avevamo spazio in macchina) e che avrebbero organizzato un baretto lì accanto. Una volta lì mi sono reso conto che non avevano ben presente la forma che volevano dare a tutto ciò. Sono finiti col montare un impianto attivo così la chillout si è trasformata nel terzo stage.

Mi stavo disperando. Almeno ci hanno rimediato altre panchine e altri tavolini che hanno svolto molto bene il loro ruolo per tutta la giornata.

Una mia amica dice sempre che ci sono feste come quella di Cirié a cui non aspetti altro che andartene. Questa volta la sensazione era che non volevo nemmeno trovarmi lì. Ero in forte conflitto con l’impegno che avevo preso e con il buono spirito che mi portavo dietro da tutta l’estate di feste con le stesse crew e le bellissime TAZ che avevano organizzato. Ho realizzato solo dopo che paradossalmente la collaborazione di tutte quelle crew, Carrakas, Metal Slug, Mystic Pharm, Karma, Black Drop, Hertz Tribe, Tortuga Sound System, Karma Sound System, Burned Brainz, Cerberus Mane, SoundLab Corp, Syntek Tribe, Vortikal, Psycosomatik, System Rebel e altri che sicuramente non ho riconosciuto, aveva contribuito all’entropia piuttosto che arginare il caos. A tutta la situazione si sarebbero aggiunte due variabili: le forze dell’ordine e i partecipanti. Solo uno di questi due elementi ha placato la babele.

Appena finito di montare lo stand ho notato un ragazzo che stava facendo una storia su instagram. Questa volta ho raccolto un po’ di coraggio, o meglio ho eclissato il mio imbarazzo, mi sono diretto verso di lui e gli ho chiesto di non pubblicare nulla. Si è fermato, mi ha lasciato spiegare quello che penso delle foto e delle storie pubblicate online della festa e senza alcuna forzatura ha cancellato le ultime cose pubblicate, poi le foto e ha messo il cellulare in tasca.

https://iravernonsognanopiu.noblogs.org/files/2020/10/mainvideo.mp4

Era la prima volta che avevamo preso la responsabilità di allestire uno stand di rdd autonomamente. Qualche giorno prima ero andato da Neutravel a prendere del materiale: tre rotoli di stagnola, due siringhe e quattro dosi di naloxone, centinaia di pieghevoli informativi, una ventina di pacchetti di chewingum, varie bottiglie di succo e due chili di caramelle, un centinaio di pacchetti sigillati singolarmente che racchiudevano pippotti o cannucce, preservativi, due caramelle e uno sticker di Neutravel. A questo abbiamo aggiunto liquido igienizzante a volontà, una trentina di litri d’acqua e scottex, qualcosina per il
primo soccorso. Per dovere di cronaca dirò che ci son stati sia i soliti che hanno scambiato lo stand per un bar – Ehyyyyyyyyy mi fai un gin tonic? – e chi ha provato in ogni modo a lasciare un offerta. Quello che mi ha stupito è stato che almeno un membro per ogni crew è venuto a parlarci, ringraziarci più volte e uno di questi si è pure offerto di pagare tutti i costi di cui ci eravamo fatti carico. Ognuno di questi, così come molte altre persone, ci hanno chiesto se avevamo la possibilità di fare test colorimetrici. Per tutta la sera c’è stato molto interesse per questo e benché abbiamo dato informazioni quanto possibile ci è dispiaciuto molto che non ci siano arrivati i reagenti in tempo.

Acqua e gel sono stati usati da tutti, abbiamo distribuito tantissimi pippotti e chewingum e tutti gli adesivi. Dare i pieghevoli in maniera efficiente è stato difficile. Il fattore limitante è stato il fatto che abbiamo lasciato pochissimo materiale sul tavolo e consegnato ogni singola cosa a mano una persona alla volta per evitare il più possibile i contatti.

Personalmente le conversazioni più interessanti sono state con i più giovani. Di tanto in tanto giravo fra gli stage e mi sedevo a parlare con chi si stava facendo una riga. Non c’è stata una persona che mi abbia risposto male o con freddezza ma disgraziatamente ogni volta ho dovuto spiegare perché non scambiarsi i pippotti. Con la gente attorno allo stand abbiamo discusso del solito: il lavoro di Neutravel e le realtà simili in Italia, le combinazioni da evitare, i siti da cui informarsi. Ho dedicato molto tempo ai ragazzi che provavano per la prima volta sostanze, tutti mdma o ketamina.

Ad un certo punto vari gruppi di ragazzi ci hanno portato varie buste di ketamina che avevano comprato chiedendoci di testarle o provarle. Chiaramente non abbiamo potuto fare nulla di tutto ciò ma la ketamina era visibilmente di scarsa qualità. Fra questi c’era una ragazza con cui ho passato una buona mezz’oretta a parlare di dissociativi e dipendenze. La mattina poco prima che ce ne andassimo la ragazza è tornata allo stand ringraziandoci e abbiamo ripreso a chiacchierare per un po’. Il numero di episodi spiacevoli non è stato minimamente comparabile alla quantità di interazioni positive con i vari gruppi intorno allo stand. Prima dell’alba un ragazzo mi ha chiamato per assistere una sua amica che stava vomitando per la ketch e l’alcool. L’abbiamo pulita, per quanto possibile, e sistemata stesa su un fianco in un punto in cui potevamo tenerla d’occhio.

La situazione dello spaccio era particolarmente brutta ed ha contribuito al degrado. Nell’ultimo anno mi ero abituato ai camper francesi che sì, preparano sostanze in loco ma vendono generalmente quantitativi di poco conto e si uniscono alla festa. Al reborn un intera parte del capannone fu occupata da camper i cui proprietari non sono scesi un istante per prender parte alla festa. Spacciavano e sussurravano i soliti nomi di strada quando ti avvicinavi. Ad un certo punto abbiamo fatto largo a degli operatori della croce verde arrivati per recuperare un ragazzo che si è rotto la caviglia in una canalina proprio fra due di questi camper. Per un momento mi sono sentito in imbarazzo, gli operatori tutti imbardati per proteggersi dal covid, il ragazzo in mezzo a due file che partivano dalle finestre dei camper e il solito che urlava”ketamina, pasticche, coca” ad un metro dalla barella. Esattamente l’immagine che alcuni di noi protestano.

Il ritorno in macchina è stato molto tranquillo e ci siamo svagati fra soste, passeggiata in un paesino e gelato. Tutto questo chiaramente dopo aver dormito.
Il terrore iniziale dovuto al posto scelto e alla disorganizzazione dei collettivi è stato alleviato dal calore e dalla buonissima predisposizione di tutti i partecipanti. Siamo stati aiutati nel distribuire i sacchetti, pulire a terra e tutti gli scambi sono stati positivi e ben accolti.

C’erano anche molti banchetti, tra cui dei copycat dei Mutoid Waste Company, una pizzeria, paninari, bigiotteria, tutti che davano una prova migliore dei camper al bordo. Mi son preso molto tempo prima di scrivere questo report perché il Reborn è stata una festa a cui non avrei voluto partecipare.

Senza dubbio posso dire che una parte dell’esperienza è stata positiva, la cura dello stand di rdd ed ogni singola interazione con le persone intorno a noi tre mi ha reso felice e fiero di dare così tanto a questo movimento e mi ha ricordato in ogni istante cosa significhi autogestione. Allo stesso tempo l’ostilità del posto, la freddezza e l’estraneità di chi aveva abbandonato la festa per riversarsi a pochi metri dalla strada concedendosi solo alla droga e il numero di persone sicuramente eccessivo mi fa pensare che per un giorno abbiamo preferito ritirarci ad occhi chiusi dalla realtà così come dai principi con i quali ci opponiamo ad essa.

Posted in Esperienze

TAZ Mad Family Crew & Vortikal & 03 Unit

Posted on 2020/09/19 - 2020/09/20 by bananatek

Quello che segue è il racconto di Eccchestorta che si è offerta di raccontarci la sua esperienza alla recente TAZ organizzata da Mad Family, Vortikal e 03 Unit con il supporto di Torpedo.

Ciao Eccchestorta, grazie per questa intervista. Ci vuoi dire brevemente chi sei?
Ciao, sono una ragazza di 18 anni e vado in festa da circa un anno. La prima volta è stata per il mio ultimo compleanno. Pensavo fosse una festa tranquilla organizzata esclusivamente per e invece mi sono ritrovata al mio primo rave.

Beh, la sorpresa di compleanno che tutti vorremmo. Questa intervista si concentra sulla tua ultima esperienza, alla TAZ di Mad Family e Vortikal, in nord Italia. Cosa ci racconti di questa TAZ?
Allora, partiamo dal principio. Sono partita con il mio gruppo da Milano. Il viaggio è stato piuttosto tranquillo, non abbiamo incrociato neanche uno sbirro. L’infoline era attiva dalle nove e neanche l’una che eravamo già lì.
In pochissimo tempo ho perso di vista i miei amici. Io di mio non ho perso tempo e mi son tuffata subito sotto cassa. Avevo con me una felpa che purtroppo ho perso il giorno seguente. Si vedeva qualche tenda piantata qua e là.
Non eravamo tanti, più o meno lo stesso numero di persone che alla mia ultima TAZ (Bouncing Mountain) ma eravamo tutti ben predisposti.
Si respirava una buonissima atmosfera. Ogni tanto ho rischiato di cadere ma erano tutti subito lì ad aiutarmi. Per il caldo opprimente al secondo giorno mi son tolta le scarpe senza pensarci ma pochi minuti dopo me le hanno fatte rimettere. Non ho capito bene perché, ma sicuramente è stato un bel gesto. Nessuno vedeva solo per se stesso ed erano tutti pronti ad aiutare il prossimo.

Sicuramente ti hanno fatto rimettere le scarpe perché ti saresti potuta tagliare i piedi sul terreno non curato. Quella che ci descrivi è una bellissima situazione: è sempre così in festa?
Guarda, alla mia prima festa la cosa che mi aveva subito colpito erano le persone vestite in maniera così stravagante. Io di mio ero un po’ allucinata ma non avevo mai visto gente vestita in tal modo. Mi incuriosivano, ma poi ho iniziato a notare che tutti mi sorridevano, alcuni benché sconosciuti mi salutavano, si rivolgevano a me senza farsi alcun problema.
Fa molto piacere. Nonostante la prima volta questo mio amico mi teneva quasi come sotto la sua ala, soprattutto per evitare le persone che ballano in maniera più brusca. Ti può sembrare di essere in pericolo ma poco alla volta ci si adagia su questo ritmo e tranquilla inizi anche te a ballare così. Sono piccolina e bassa ma non mi importa, in festa mi sento più tranquilla e rilassata, anche come donna mi sento come tutti gli altri. Quello che mi piace delle feste è che nessuno ha pregiudizi.

Torniamo alla TAZ ora.
Il muro di casse era formato da tre colonne. Intorno a me c’era gente che giocava col fuoco e faceva giocoleria. Hanno fatto un lightshow spettacolare e mi ha intrippato tantissimo una spirale di luci proiettata su un albero. Se ti allontanavi dal muro c’era un bar e un altro tendone dove si cucinava la pasta mi sembra. Per altro se portavi dei sacchi della spazzatura ti davano da bere in cambio. Infine c’era uno stand in cui vendevano vestiti.

C’è un dettaglio che non può essere tralasciato: la meticolosa cura del posto. Il giorno dopo, non solo quelli della crew ma tutti ci siamo messi a pulire. Io stessa ho aiutato sia a pulire a terra che a smontare.

Il vero spirito dell’autogestione. Molti dicono che una differenza marcatissima fra le TAZ rispetto alle “localate” sia proprio che ognuno non è solo spettatore ma è partecipe nella gestione della festa. Tu sei la festa, no?
Direi proprio di sì. Sono complice anch’io del rave e di ciò che succede. Almeno io mi sento così.

Ultima domanda: cosa ti rimane da questa festa?
Sono molto soddisfatta, come dire? Tutta la settimana combattiamo con il resto delle persone che ci guardano male anche soloper il semplice modo di vestirci; è abbastanza pesante se ci pensi. Ora invece mi sento sollevata, senza pensieri almeno per un po’.

Grazie Eccchestorta, Sei stata super gentile a rispondere a tutte queste domande. In conclusione all’intervista vorrei lasciarti dello spazio. Usalo come vuoi, parole libere.
Spaccarti a merda è figo si ma se poi non ti ricordi nulla della festa non ha molto senso. Penso di aver finito ahahah.

https://iravernonsognanopiu.noblogs.org/files/2020/09/light_show.mp4

Un commento dagli editori

Lunedì abbiamo saputo attraverso i giornali che uno dei tassisti che
ha accompagnato dei ragazzi alla festa è stato aggredito.
L’articolo dal quale siamo venuti a sapere del fattaccio è il
seguente:

Circondato dai ragazzi del rave che hanno tentato di derubarlo
scappando senza pagare la corsa. E’ la disavventura capitata a un
tassista torinese di 45 anni che, nella notte tra sabato e domenica,
ha accompagnato un gruppo di ragazzi a Reano, a due passi da una zona
boschiva dove era in corso un rave party. La comitiva è partita da
Porta Susa intorno alle 23. Alla centrale dei taxi è arrivata una
chiamata da una ragazza che ha prenotato quattro taxi per portare 28
persone a Reano.
Le auto sono partite a scaglioni dalla stazione e il tassista
aggredito è stato l’ultimo ad accettare la corsa. Ha caricato in auto
6 ragazzi, tutti giovanissimi, in arrivo dalla Liguria che gli hanno
dato indicazioni sulla destinazione: Reano, nei boschi della collina
Morenica, uno dei posti preferiti dai frequentatori dei rave party.
Arrivato a destinazione, circa mezz’ora dopo, il tassista si è visto
circondare la macchina da un gruppo di ragazzi che hanno aperto
dall’esterno le portiere, neutralizzando i blocchi di sicurezza alle
porte. I ragazzi sono scesi senza pagare e, mentre l’autista tentava
di farsi consegnare il dovuto per il trasporto, un altro ragazzo ha
rubato dal cruscotto il cellulare che serviva al tassista per gestire
e accettare le corse.
L’uomo è riuscito a raggiungere il ladro e bloccarlo recuperando il
cellulare ma subito dopo il gruppo di ragazzi si è dileguato nei
boschi senza pagare, e con loro anche il gruppo di amici che li ha
aiutati ad allontanarsi. L’uomo ha avvertito i carabinieri anche se al
momento non ha ancora sporto denuncia per l’accaduto.

https://archive.is/2hnWJ

È incommentabile l’ immaturità e la banalità con cui un gesto del
genere è stato compiuto. Oltre all’infamia e alla codardia di un’azione compiuta in branco da dei ragazzetti nei confronti di una
persona che non ha fatto altro che aiutarli, hanno rischiato di
compromettere decine di ore di preparazione e la ben riuscita di tutta
la festa. Chiaramente se si fosse venuto a sapere della violenza
commessa durante la festa i ragazzi sarebbero stati cacciati.

Il sistema di segretezza delle info dovrebbe servire proprio ad
evitare queste situazioni. Evitate di regalare le info alla gente
conosciuta in treno.

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