Non sono stato a Tavolaia, al Bordel 23 e non ho partecipato allo Space Travel, il teknival a Viterbo. Dopo quello che è successo al Reborn Tribe ad Altopascio ero rimasto così deluso dalla scena che ho voluto per un lungo periodo non prendere parte a nessuna festa in Italia. Per i quindici anni dei Revolt 99 ho deciso di accantonare questa decisione.
Fine ottobre, nord Italia,Con SPU, Tourista, Pandemia, Cronik, Trackerz, No System. Support KK
Avrei tanto da raccontare, a partire dal momento in cui mi è arrivato il messaggio, il viaggio in treno e il meeting point a Montpellier, fino al momento in cui ho salutato la festa, dopo i tre giorni e dopo l’identificazione da parte delle forze dell’ordine.
Non racconterò però nulla di tutto ciò perché voglio mettere in luce il lavoro dei collettivi italiani di riduzione del danno (RdD). Segue un’intervista ad A., un operatore della riduzione del danno, volontario per il Progetto Neutravel.
Quest’intervista si è svolta nell’arco di un paio d’ore durante la festa per i 15 anni dei Revolt 99, tenutasi a Stupinigi il 31 Ottobre 2021.
Ciao A.! Puoi descriverci brevemente qual’è l’obiettivo di un collettivo di riduzione del danno?
Ciao! L’idea di fondo di un collettivo di RdD si basa sulla teoria del outreach : raggiungere il pubblico target nel suo “ambiente naturale”, dove i comportamenti pericolosi vengono messi in atto, per ridurre i danni e limitare i rischi nei contesti del divertimento notturno quali rave party, goa party, grandi eventi di musica elettronica e club. Siamo un’unità mobile che lavora in contesti di consumo e spaccio e nei luoghi del divertimento giovanile. Questa sera in particolare siamo più di trenta persone provenienti da Toscana, Emilia, Umbria, Campania, Veneto e naturalmente Piemonte.
Che formazione hanno gli operatori?
Il team di Neutravel è formato da assistenti sociali, psicologi, educatori, e chimici. I volontari, proveniente da svariati contesti giovanili in tutta Italia, seguono un percorso di formazione erogato dalla nostra equipe precedentemente agli interventi.
Quale è stata la prima cosa che avete fatto a questa festa?
Le prime persone con cui abbiamo interagito sono stati poliziotti e carabinieri, che hanno bloccato tutti e tre gli ingressi al capannone dove si svolge l’evento. Dato il numero ingente di forze dell’ordine e i tafferugli con alcuni dei partecipanti abbiamo atteso cinque ore prima di poter entrare con i nostri mezzi negli spazi della festa. Questo è anche dovuto allo scarso riconoscimento mediatico che ci viene riservato, e che rende difficile il dialogo con le autorità in servizio alle feste.
Una volta parcheggiati due dei nostri mezzi, un camper e un furgone, ci siamo divisi in due squadre. La prima squadra si è occupata di passare in ricognizione gli ambienti più affollati della festa alla ricerca di pericoli strutturali, in un capannone abbandonato da più di vent’anni è infatti facile trovare vetri pericolanti, cavi esposti e buche. La seconda squadra invece si è occupata di trovare lo spazio più adatto per il tendone della chillout e del drug checking, per poi montarli.
Chillout, drug checking, di cosa vi state occupando a questa festa?
Chillout e drug checking sono forse le due attività più visibili fra le varie cose che facciamo. La tenda della chillout è lo spazio più sicuro della festa. Qui molti dei partecipanti vengono per riposare, trovare uno spazio dove scaldarsi, bere e mangiare succhi di frutta e snack vari che distribuiamo. Ci sono anche delle barelle dove gli operatori sistemano alcune delle persone che si sono sentite male, ma non necessitano di ospedalizzazione.
Opposta alla tenda della chillout c’è la tenda del drug checking dove, in totale anonimato, molti ragazzi testano le sostanze che si sono portati o che hanno comprato in festa. I nostri operatori utilizzano alcuni strumenti come la spettroscopia Raman, o i reagenti di Ehrlich, Froehde, Marquis, Mandelin e Liebermann, e le loro conoscenze specifiche per controllare che la sostanza che si vuole assumere sia effettivamente quella desiderata e che non contenga impurità o tagli, ovvero che non sia qualcosa che la persona non si aspetta, come ad esempio le designer drugs.
In entrambi gli spazi sono presenti continuamente alcuni dei nostri operatori che si occupano di fornire depliant informativi e nozioni sulla pericolosità delle sostanze, ma anche tutto il materiale necessario per il loro corretto utilizzo. Utilizzo che noi non incentiviamo in nessun caso, ma dato che il consumo spesso è inevitabile, facciamo il possibile affinché questo avvenga in sicurezza. Fra le varie cose distribuiamo:
- chewing gum, per ridurre la tensione mandibolare tipica delle sostanze anfetaminiche
- pippotti monouso, per evitare che gli oggetti usati per sniffare vengano riutilizzati e siano vettore di malattie infettive
- soluzioni saline, per la pulizia delle narici
- carta stagnola, usata per bruciare alcune sostanze in modo che non vengano utilizzati materiali di recupero pericolosi da maneggiare
Non tutto il materiale distribuito riguarda le sostanze illegali: ci sono anche preservativi e depliant informativi sulla dipendenza da nicotina, il fenomeno delle smart drugs e le malattie sessualmente trasmissibili.
Alcuni degli operatori tengono sotto osservazione le zone più frequentate assicurandosi che nessuno dei veicoli blocchi la strada per l’ambulanza e che non ci siano pericoli strutturali come quelli elencati prima. Dato che in Piemonte c’è un protocollo regionale atto a garantire il supporto sanitario di base in contesti a rischio come questi ci stiamo occupando di coordinare l’intervento dell’unità mobile di primo soccorso e di ridurre il numero di chiamate improprie al 112.
Oltre a questo alcuni dei nostri operatori si occupano di “counseling”, ovvero offrire supporto tramite una consulenza psicologica legato all’utilizzo di sostanze, dipendenze e stati alterati di coscienza, in uno spazio sicuro e non giudicante. Per chi usufruisce di questo servizio esiste anche la possibilità di continuare il percorso presso le sedi dei collettivi di RdD, negli spazi che noi chiamiamo “Intermedium”, ovvero dove si fa vero e proprio supporto psicologico.
Hai parlato di pubblico “target”. A questo rave, chi è il vostro pubblico target?
Negli anni 2000 Xsephone scriveva:
Difficile definire un modello, un campione del raver. Chi partecipa assiduamente a questi eventi ha un’età imprecisata, tra i 15 e i 50 anni. È il figlio occhialuto dei vicini di casa dall’aspetto pulito e la mania del computer. È la ragazza della porta accanto con i dreadlocks e la passione per la techno, e che, nel tempo libero, si esercita per diventare una DJ. È il ricercatore universitario impegnato attivamente nei centri sociali. È l’apprendista elettrauto tatuato e pieno di piercing che lavora dal meccanico in fondo alla strada, è il web designer della casa di fronte, è il traveller in continuo movimento per il mondo, ma soprattutto è colui che non si definisce tale.
Molly Macindoe, fotografa inglese, mostra una scena composta da un pubblico molto eterogeneo nel suo libro Out of Order. In questa raccolta compaiono dieci anni di fotografie scattate ai free party e si possono vedere adulti di ogni età, adolescenti e anziani traveller. I media tendono però a deumanizzare queste persone, riducendole a zombie che escono dalle tombe solo nel weekend.
Interessante! Ma non hai davvero risposto alla mia domanda. Puoi mostrarci almeno il volto di uno dei partecipanti di questa festa prendendo come spunto uno degli interventi?
Fino ad’ora l’intervento che più mi ha colpito è stato quello di questa mattina con un ragazzo di nome A.. A. si era presentato la prima sera all’infopoint chiedendo se fosse possibile utilizzare la ketamina liquida senza iniettarla. Dall’aspetto e dall’incertezza con la quale si è rivolto a noi ho capito subito che si trattava di un ragazzo molto giovane, probabilmente ad una delle sue prime feste.
Avvicinandomi ad A. per offrire le mie prime risposte gli ho dapprima chiesto se avesse già fatto uso di sostanze e se ne fosse sotto l’effetto in quel momento. Le grandi pupille e la temperatura del polso più alta della media hanno confermato le sue parole: MDMA.
L’MDMA è una sostanza dagli effetti irrefrenabili, che assopisce qualsiasi altro desiderio fisico di “sballo” ulteriore. Quando invece il soggetto abusa della sostanza e sviluppa una forte tolleranza, queste sensazioni travolgenti vengono meno ed è più comune cercare di potenziare l’esperienza tramite l’assunzione di ulteriori droghe, che ne possono incrementare l’effetto così come anche la tossicità. Da una persona giovane come A. non ci si aspetta una potente assuefazione alla MDMA, eppure la sua irrequietezza e le insistenti domande sulle altre sostanze hanno fatto scattare un campanello d’ allarme. Una risposta dopo l’altra e l’ho convinto a tornare da noi la mattinata successiva.
Il giorno successivo A. ha mantenuto la promessa e mi ha raggiunto al banchetto della riduzione del danno quasi al termine del mio secondo turno di otto ore. Ho chiesto un permesso e con A. ci siamo allontanati verso la tenda della chillout. Io già al secondo caffè, per A. una sigaretta e tanta acqua. La dose che mi racconta di aver assunto riscontra da parte del suo corpo una fortissima tolleranza; A. stesso ne avverte i sintomi: palpitazioni, mascella bloccata o denti che digrignano e, soprattutto, il forte bisogno di assumere un’ulteriore “pasta” dopo neanche un paio d’ore dalla prima. Le “paste” mi spiega, sono l’unica droga che ha provato oltre alla marijuana. Da quella prima volta, solamente sei mesi fa, l’MDMA ha accompagnato ogni sabato passato a ballare in uno dei tanti locali di Torino che nonostante le restrizioni per il covid riescono a mascherare la musica alta.
A. mi ha spiegato che sono il primo con cui parla del suo rapporto con l’MDMA. Con i suoi amici non riesce ad aprirsi sull’argomento, anzi spesso avverte solo pressione da parte loro. Passiamo una buona mezz’ora a parlare di quale sia un dosaggio “sano”, di metodi di assunzione con minor rischio e soprattutto del tempo che il nostro corpo ha bisogno per recuperare dopo un’esperienza così pesante. Sembra controintuitivo, eppure la responsabilizzazione e la salute sono una diretta conseguenza dell’informazione, non della punizione.
Ho salutato A. dopo avergli spiegato come funziona il counseling psicologico e penso di averlo convinto a continuare la conversazione che abbiamo avuto con il personale specializzato di Neutravel a Monkey Island, dove ogni venerdì offriamo supporto su queste tematiche.
Wow, immagino che la vostra presenza all’interno del rave sia rassicurante per molti
Non solo, ma anche al di fuori del rave! Uno dei miei colleghi qualche ora fa ha soccorso una ragazza che si è rotta una gamba per colpa di una buca. Mentre la tranquillizzava ha chiamato l’ambulanza, con la quale noi operatori di Neutravel abbiamo un contatto diretto durante questi eventi. Uno dei motivi di agitazione della ragazza era la bugia raccontata ai genitori, che credevano che si trovasse ancora in città con gli amici. Il mio collega l’ha convinta a telefonare al padre e alla madre e ha mediato fra i tre una volta che questi hanno raggiunto l’ambulanza.
Anche quest’anno l’equipe di Neutravel sarà presente alla rave della notte delle streghe. Al di fuori della logica del noi contro loro
tipica dei media mainstream, ancora una volta Neutravel garantirà l’importantissimo diritto alla salute alle migliaia di ragazze e ragazzi provenienti da tutta Italia.