Prima di quel giorno l’unica volta che ero uscito di casa alle 11 di mattina per andare ad un TAZ era stato per il Tek Steve All, quasi nello stesso periodo dello scorso anno. Bruce si era offerto di guidare e saremmo dovuti arrivare a Massa Carrara per Joe. Rendevouz alle sette di sera su uno delle uscite dell’autostrada Parma-Spezia. Bruce odia guidare, si è capito fin da subito, per fortuna la compagnia ha alleggerito il viaggio.
Il motivo principale per cui eravamo riusciti a convincere Bruce era il luogo della festa, si era deciso di fare tutto in montagna. Quella sera in quella zona stava piovendo e non abbiamo neanche fatto in tempo ad arrivare a Parma che spostarono il rendevouz in una piccola città verso Siena. Avevo già iniziato a imprecare, si iniziava a presagire che avremmo percorso più di mille chilometri in quel weekend. Verso le 11.30 sono iniziate a girare le info. A quel punto noi avevamo dapoco parcheggiato all’uscita dell’autostrada. Sicuramente dovevamo dirigerci verso uno dei capannoni che si potevano intravedere già dall’autostrada.
Non riuscimmo a fare neanche cinquanta metri che trovammo già delle volanti e l’ambulanza: non capivamo, era troppo presto. A quanto pare in quello stesso momento un locale improvissato aveva organizzato una festa poco lontano dal posto scelto dalle crew e ambulanza e polizia erano dovute intervenire per un incidente. Nello stesso istante una carovana di veicoli si stava muovendo oltre. Pessima coincidenza.
Non mi piace parcheggiare la macchina dentro la festa ma non avevamo neanche voglia di fare avanti e indietro. Abbiamo fermato dei ragazzi che ci hanno aiutato a trasportare tutto. Se mi fosse data la possibilità di scegliere la nazionalità del gendarme con cui fermarmi a parlare sceglierei tedesco. Poi un francese, per ultimi gli italiani. Stavolta però era un’occasione troppo ghiotta per non fermarmi a fissarli ed ascoltare le loro parolea agitate. Quattro uomini, una donna, ho ben chiaro in testa il volto del poliziotto con la FFP2 che incredulo domanda agli altri che cosa avrebbero dovuto fare. Potevo respirare quella nube di agitazione e rabbia che li circondava, io di mio ero sì tranquillo ma anche fremante per l’eccitazione: in festa si è tutti protagonisti e questa volta mi aspettava un ruolo che avevo scelto.
Ci siamo palesati prima con i Karma, poi con i Blackdrop e Carrakas. Abbiamo riconosciuto i Metal Slug dalla scorsa stupenda festa in Puglia e infine i Soundlab Corp.
L’inizio della festa è sempre un momento magico. Decine di persone senza nome che si muovono frenetiche come formiche e disordinate come api, tutte con l’obiettivo di mutare un luogo di abbandono in un luogo di festa e collettività per almeno una notte. Quando le persone sono ancora poche e c’è tutto il tempo per scrutare lo spazio in trasformazione.
Quella sera, questo primo momento, tutto in potenza, è durato pochissimo. Una volta che abbiamo trovato lo spazio per lo stand di RDD ho visto tutto con più chiarezza e mi sono spaventato. Pensai che ci eravamo messi in un cosa più grande di noi. Non io, Joe e Bruce, tutti, crew e raver, non dovevamo essere lì.
Non si potevano levare gli occhi da terra perché essendo un ex colorificio a terra c’erano tutti pozzetti e canaline, piuttosto profondi per rimanere imbarazzati con le nostre garze da primo soccorso. Inoltre non era possibile ricoprirli tutti con le macchine. Oltre a questo cadevano pezzi di vetro dai tetti dei tre capannoni: per il resto della notte fra le tante cose andammo in giro a spostare le persone che pisciavano ai bordi. Lo spot della festa era troppo vicino alla città e sono arrivati taxi a frotte. Posso dire di non avere una bella opinione sul tipo di persona che arriva in taxi alla festa. A questo si sommava l’età dei ragazzi che scendevano dai taxi fatti fermare a due metri dal cancello che ci separava dalla strada. Non avevo dubbi, quelle persone non dovevano essere lì. Si stavano raccogliendo molte persone dalle città più vicine, gente interessata più al libero consumo della droga che alla musica e alla festa. Questo gruppo si concentrò principalmente nello spiazzale antecedente ai capannoni, a formare una sorta di barriera fra la polizia e i raver. Quello spiazzale ha raccolto le situazioni peggiori della festa dovute per altro al tipo di persone che crede che autogestione significhi che ognuno pensa a se stesso.
Prima di metter piede in quello spiazzale erano quasi cinque anni che non vedevo qualcuno consumare crack. Le molte bancarelle nel terzo dei capannoni, quello più grande, avrebbero dovuto aiutare ad allegerire l’atmosfera ma un triste posizionamento dei generatori aveva invece reso l’aria troppo pesante. Non abbiamo passato troppo tempo in quello spot proprio per questo motivo. Giusto il tempo di posizionare i sacchetti della spazzatura più volte durante la serata e qualche saluto ai ragazzi della pizza. In questa scena a mancare era solo la chillout. Avevo preso accordi che del materiale e dello spazio per la chillout se ne sarebbe occupato un altro collettivo. Non me ne preoccupavo, avevo preso accordi con loro e mi avevano assicurato sia un tavolo (non avevamo spazio in macchina) e che avrebbero organizzato un baretto lì accanto. Una volta lì mi sono reso conto che non avevano ben presente la forma che volevano dare a tutto ciò. Sono finiti col montare un impianto attivo così la chillout si è trasformata nel terzo stage.
Mi stavo disperando. Almeno ci hanno rimediato altre panchine e altri tavolini che hanno svolto molto bene il loro ruolo per tutta la giornata.
Una mia amica dice sempre che ci sono feste come quella di Cirié a cui non aspetti altro che andartene. Questa volta la sensazione era che non volevo nemmeno trovarmi lì. Ero in forte conflitto con l’impegno che avevo preso e con il buono spirito che mi portavo dietro da tutta l’estate di feste con le stesse crew e le bellissime TAZ che avevano organizzato. Ho realizzato solo dopo che paradossalmente la collaborazione di tutte quelle crew, Carrakas, Metal Slug, Mystic Pharm, Karma, Black Drop, Hertz Tribe, Tortuga Sound System, Karma Sound System, Burned Brainz, Cerberus Mane, SoundLab Corp, Syntek Tribe, Vortikal, Psycosomatik, System Rebel e altri che sicuramente non ho riconosciuto, aveva contribuito all’entropia piuttosto che arginare il caos. A tutta la situazione si sarebbero aggiunte due variabili: le forze dell’ordine e i partecipanti. Solo uno di questi due elementi ha placato la babele.
Appena finito di montare lo stand ho notato un ragazzo che stava facendo una storia su instagram. Questa volta ho raccolto un po’ di coraggio, o meglio ho eclissato il mio imbarazzo, mi sono diretto verso di lui e gli ho chiesto di non pubblicare nulla. Si è fermato, mi ha lasciato spiegare quello che penso delle foto e delle storie pubblicate online della festa e senza alcuna forzatura ha cancellato le ultime cose pubblicate, poi le foto e ha messo il cellulare in tasca.
Era la prima volta che avevamo preso la responsabilità di allestire uno stand di rdd autonomamente. Qualche giorno prima ero andato da Neutravel a prendere del materiale: tre rotoli di stagnola, due siringhe e quattro dosi di naloxone, centinaia di pieghevoli informativi, una ventina di pacchetti di chewingum, varie bottiglie di succo e due chili di caramelle, un centinaio di pacchetti sigillati singolarmente che racchiudevano pippotti o cannucce, preservativi, due caramelle e uno sticker di Neutravel. A questo abbiamo aggiunto liquido igienizzante a volontà, una trentina di litri d’acqua e scottex, qualcosina per il
primo soccorso. Per dovere di cronaca dirò che ci son stati sia i soliti che hanno scambiato lo stand per un bar – Ehyyyyyyyyy mi fai un gin tonic? – e chi ha provato in ogni modo a lasciare un offerta. Quello che mi ha stupito è stato che almeno un membro per ogni crew è venuto a parlarci, ringraziarci più volte e uno di questi si è pure offerto di pagare tutti i costi di cui ci eravamo fatti carico. Ognuno di questi, così come molte altre persone, ci hanno chiesto se avevamo la possibilità di fare test colorimetrici. Per tutta la sera c’è stato molto interesse per questo e benché abbiamo dato informazioni quanto possibile ci è dispiaciuto molto che non ci siano arrivati i reagenti in tempo.
Acqua e gel sono stati usati da tutti, abbiamo distribuito tantissimi pippotti e chewingum e tutti gli adesivi. Dare i pieghevoli in maniera efficiente è stato difficile. Il fattore limitante è stato il fatto che abbiamo lasciato pochissimo materiale sul tavolo e consegnato ogni singola cosa a mano una persona alla volta per evitare il più possibile i contatti.
Personalmente le conversazioni più interessanti sono state con i più giovani. Di tanto in tanto giravo fra gli stage e mi sedevo a parlare con chi si stava facendo una riga. Non c’è stata una persona che mi abbia risposto male o con freddezza ma disgraziatamente ogni volta ho dovuto spiegare perché non scambiarsi i pippotti. Con la gente attorno allo stand abbiamo discusso del solito: il lavoro di Neutravel e le realtà simili in Italia, le combinazioni da evitare, i siti da cui informarsi. Ho dedicato molto tempo ai ragazzi che provavano per la prima volta sostanze, tutti mdma o ketamina.
Ad un certo punto vari gruppi di ragazzi ci hanno portato varie buste di ketamina che avevano comprato chiedendoci di testarle o provarle. Chiaramente non abbiamo potuto fare nulla di tutto ciò ma la ketamina era visibilmente di scarsa qualità. Fra questi c’era una ragazza con cui ho passato una buona mezz’oretta a parlare di dissociativi e dipendenze. La mattina poco prima che ce ne andassimo la ragazza è tornata allo stand ringraziandoci e abbiamo ripreso a chiacchierare per un po’. Il numero di episodi spiacevoli non è stato minimamente comparabile alla quantità di interazioni positive con i vari gruppi intorno allo stand. Prima dell’alba un ragazzo mi ha chiamato per assistere una sua amica che stava vomitando per la ketch e l’alcool. L’abbiamo pulita, per quanto possibile, e sistemata stesa su un fianco in un punto in cui potevamo tenerla d’occhio.
La situazione dello spaccio era particolarmente brutta ed ha contribuito al degrado. Nell’ultimo anno mi ero abituato ai camper francesi che sì, preparano sostanze in loco ma vendono generalmente quantitativi di poco conto e si uniscono alla festa. Al reborn un intera parte del capannone fu occupata da camper i cui proprietari non sono scesi un istante per prender parte alla festa. Spacciavano e sussurravano i soliti nomi di strada quando ti avvicinavi. Ad un certo punto abbiamo fatto largo a degli operatori della croce verde arrivati per recuperare un ragazzo che si è rotto la caviglia in una canalina proprio fra due di questi camper. Per un momento mi sono sentito in imbarazzo, gli operatori tutti imbardati per proteggersi dal covid, il ragazzo in mezzo a due file che partivano dalle finestre dei camper e il solito che urlava”ketamina, pasticche, coca” ad un metro dalla barella. Esattamente l’immagine che alcuni di noi protestano.
Il ritorno in macchina è stato molto tranquillo e ci siamo svagati fra soste, passeggiata in un paesino e gelato. Tutto questo chiaramente dopo aver dormito.
Il terrore iniziale dovuto al posto scelto e alla disorganizzazione dei collettivi è stato alleviato dal calore e dalla buonissima predisposizione di tutti i partecipanti. Siamo stati aiutati nel distribuire i sacchetti, pulire a terra e tutti gli scambi sono stati positivi e ben accolti.
C’erano anche molti banchetti, tra cui dei copycat dei Mutoid Waste Company, una pizzeria, paninari, bigiotteria, tutti che davano una prova migliore dei camper al bordo. Mi son preso molto tempo prima di scrivere questo report perché il Reborn è stata una festa a cui non avrei voluto partecipare.
Senza dubbio posso dire che una parte dell’esperienza è stata positiva, la cura dello stand di rdd ed ogni singola interazione con le persone intorno a noi tre mi ha reso felice e fiero di dare così tanto a questo movimento e mi ha ricordato in ogni istante cosa significhi autogestione. Allo stesso tempo l’ostilità del posto, la freddezza e l’estraneità di chi aveva abbandonato la festa per riversarsi a pochi metri dalla strada concedendosi solo alla droga e il numero di persone sicuramente eccessivo mi fa pensare che per un giorno abbiamo preferito ritirarci ad occhi chiusi dalla realtà così come dai principi con i quali ci opponiamo ad essa.